Recensioni - Cultura e musica

In Disco: Hulda, una rarità operistica di César Franck

Una pregevole edizione della fluviale partitura curata dal Palazzetto Bru Zane

Il soggetto, tratto da Bjørnstjerne Bjørnson, è un intrigo degno della penna di Dumas. Un mondo a tinte fosche aggrappato allo sfondo del grande Nord, fatto di rancori e vendette incapaci di rimarginarsi, pulsioni irrefrenabili e istinti primari, tra invocazioni a divinità pagane, duelli, imboscate, momenti di amoroso abbandono e di puro strazio. Hulda, completata nel 1885 da un Franck che morirà 5 anni dopo senza aver assistito ad una sua prima rappresentazione, è per certi versi un capriccio d vecchiaia dell’anziano compositore, approdato all’opera solo nel momento della sua tarda stagione produttiva. Una partitura sontuosa, grondante di un sinfonismo che Franck, da par suo, arricchisce e intorbida di armonie trascolanti, di impasti perennemente cangianti, come cangiante è il tessuto emotivo che trapassa il cuore dell’eroina nonché il mondo in cui essa agisce. Fedele al suo intento di riportare ad una piena luce il patrimonio musicale francese che il tempo ha messo in ombra, a tre anni dall’anniversario della morte del compositore di Liegi, il Palazzetto Bru Zane restituisce al pubblico, con tanto di pubblicazione corredata da libretto e da preziose ricostruzioni storico-culturali del milieu di riferimento, questa creatura bella e sfortunata. Nelle mani di Gergely Madaras, alla testa dell’Orchestre Philarmonique Royal de Liège, le tinte corrusche di questo grand opéra lasciano intravedere, sotto alle geometrie di una scrittura stesa a blocchi poderosi, punteggiata di ampi commenti orchestrali, circoscritte scene d’insieme e balletti disegnati con infallibile sapienza e gusto, l’armatura severa ammiccante alle pagine sacre, ai corali, al contrappunto austero. Il risultato è un’opera complessa, fluviale, affidata alla voce brunita e statuaria di Jennifer Holloway, svettante Hulda assetata di vendetta e di giustizia. Il ruolo dell’amato Eiolf è qui ricoperto con piena autorevolezza da uno splendido Edgaras Montvidas. Da applausi anche il Gudleik di Matthieu Lécroart e l’Aslak di Christian Elmek. Una menzione doverosa anche per la generosa prova del Choeur de Chambre de Namur, capace di rievocare l’identità, remota e granitica, di un intero popolo. Una pagina da ascoltare e riascoltare, in attesa che, dopo le apparizioni degli scorsi mesi, in forma di concerto, a Parigi e a Liegi, possa approdare anche sul palcoscenico di qualche teatro italiano.

César Franck
Hulda

Palazzetto Bru Zane 2022