un percorso tra pagine sinfoniche e frammenti d'opera da Liszt a Wagner a Verdi a Chopin
È un ricordo vivo, quel concerto lodigiano nel segno di Liszt, bruciante di sorvegliata intensità in una fredda serata di neve. Oggi, quindici anni dopo, ritroviamo in questa recente pubblicazione firmata Stradivarius, il pianismo sontuoso e asciutto di Paolo Restani, fatto di una padronanza sovrana capace di piegare al proprio disegno qualsiasi intenzione, l’esaltante smalto di una tavolozza iridescente da sempre orientata verso le tonalità calde ma, soprattutto, l’eleganza schiva di un approccio mai narcisistico alla pagina. Un tratto, questo, che ci colpisce oggi come allora, in un ascolto che, traccia dopo traccia, sembra svelare, del pianista spezzino, una seconda primavera artistica, una rinnovata linfa attecchita sul pregiato terreno antico ma ora, nel maturo disincanto di questa stagione creativa, ancor più intima, ancor più ancorata al dato di verità musicale, a costo di rinunciare a più di una concessione a salottiere morbidezze. Il percorso prende avvio dal prediletto Liszt ma, anziché indugiare su pagine “pure”, disegna un periplo più ampio, più avventuroso, che inizialmente lambisce i terrori della trascrizione e della rielaborazione di musica altrui.
Pagine sinfoniche, frammenti d’opera, barbagli di teatro; alla cordiera di un pianoforte mai così intrigante e versatile vengono così consegnati lo spirito, l’anima di un’indagine a più ampio spettro del XIX secolo, spostando la barra dalla strumentalità più ardita verso l’altrettanto sfidante resa della dimensione vocale: il canto, quello agito ma anche quello pensato, sussurrato nella mente, mancato. Un percorso, dunque, apparentemente bipartito, in realtà concepito come un’unica arcata attraverso il cui filo scorgere assonanze e richiami di atteggiamenti, stilemi, ricerche espressive trasversali e ricorrenti. Ecco allora il Verdi di Aida, con cui l’ascolto si apre, proiettando le luci crepuscolari, intinte in un esotismo sublimato, della Danza Sacra e del Duetto finale, e quello di Rigoletto, nella Parafrasi da Concerto ispirata al quartetto del terzo atto. Ed ecco la solenne austerità del Feierlicher Marsch dal Parsifal di Wagner dispiegarsi nel suo ieratico incedere per poi abbandonare il passo alla voce chopiniana di un grappolo di Notturni – da un capo, i magnifici tre dell’op.9, porta d’ingresso sui venti composti da Chopin, dall’altro capo, la saturnina inquietudine del ventunesimo in do diesis minore, pubblicato postumo, fino alla chiosa dell’arcinota Polacca “Eroica” in La bemolle maggiore op.53.
Programma tanto “popolare”, a scorrere l’indice, quanto scorciato nelle scelte interpretative che, già a partire dalla Danza sacra e dallo struggente duetto finale di Aida, con cui gli amanti, sepolti vivi, si giurano eterno amore, rivela il passo e lo sguardo di Restani, la sua sfida personale di fare del pianoforte e delle sue risorse il più grande strumento, nel senso di medium, capace di rievocare mondi, la cassa di risonanza per ospitare e intrecciare prospettive poetiche. In questo, il virtuosismo di Restani, così profondamente conficcato nella carne viva del discorso musicale, continua a convincere e ad avvincere. Virile nella tenuta di un racconto a campata larga, solido nell’armatura di frasi tese a ricomporre il prisma narrativo nella linearità di una sua visione complessiva, avvolgente, osservata dall’alto, anziché nei mille riflessi della sua immagine rifranta e, paradossalmente, proprio per questo interiorizzata, insinuante, coerente. Rari gli inchini ai vapori romantici fatti di indugi ritmici, dissolvenze sonore, bizzose estrosità. La francescana essenzialità del saturnino op.9 n°1, ma anche la leggerezza mai leziosa dell’op.9 n°3. E la proverbiale esuberanza della Polacca, qui trattenuta a briglie salde, a rivelarne il passo araldico, impettito, nello sbalzo del ritmo puntato. Un racconto che sembra invitare a seguire l’interprete nel suo addentrarsi nelle zone d’ombra, ripulite e restituite alla luce nuda, non filtrata, di una primigenia purezza.
Verdi-Liszt
Wagner-Liszt
Chopin
Pianoforte: Paolo Restani
Stradivarius