Hindemit, Schönberg, Berg e Chausson nell'esecuzione di un ensemble d'eccezione
Nel caso di questo ascolto, l’invito al viaggio – un viaggio infinito, come promette il titolo – viene già dai nomi degli interpreti, garanzie ad un assegno da firmare in bianco. Quando il pianoforte acuto, introspettivo, appassionatamente devoto, di Bertrand Chamayou incontra la voce brunita di Barbara Hannigan, e questa combustione di talento e intelligenza incrocia sulla propria strada la fitta, serrata dialettica del Quartetto Emerson, l’ascolto diventa esperienza miliare, diremmo quasi iniziatica. Sul leggio, alcune tra le pagine cruciali del Novecento, le une affacciate sul tempo che è lì a venire, le altre appena dietro le spalle, come padri nobili che vigilano. I Quartetti in fa diesis minore op. 10 di Schonberg e op.3 di Berg, monumenti abissali di rarefatta economia espressiva, accartocciata in una scrittura che l’acuta ricerca di nuovi linguaggi asciuga in un lirismo rifranto, sofferto, immensamente lirico, giganteggiano, nella lettura sobria del Quartetto che, con sapienza orafa, ne esalta i preziosismi, la minuziosa quanto articolata sintassi, le sorprendenti oasi. Due soli movimenti per l’universo berghiano, quattro per quello che di Schönberg può definirsi il manifesto programmatico del definitivo cammino verso l’atonalità. Per questo lavoro discografico, che corona i 47 anni della leggendaria formazione, la consegna di un testimone alle generazioni di oggi e la ribadita autorità.
Attorno, dentro a questa armatura di cordiere, sta il periplo disegnato di contaminazioni: l’Hindemith di Melancholie op.13 per quartetto e voce femminile, omaggio lacerante alle macerie del cuore lasciate dal primo conflitto mondiale, e lo Chausson di Chanson perpetuelle.
Infinite Voyage
Bertrand Chamayou
Barbara Hannigan
Quartetto Emerson
Alpha Classics