Recensioni - Cultura e musica

In Disco: La missa novem vocum di Alessandro Landini

Protagonista l'ensemble Fleur de Lys diretto da Giorgio Ubaldi

Il tessuto musicale ad avvolgere la parola; e l’ordito a sua volta plasmato addosso ad una formazione pronta a tradurne fedelmente ogni piega. È, questo, il caso della sontuosa Missa novem vocum che Carlo Alessandro Landini, in uno sfoggio mai esibito di cristallina sapienza compositiva, ha costruito alla maniera dei sommi nomi del Rinascimento italiano. Pietra su pietra a sfidare il cielo. Lo sguardo volto ad un passato di insuperata sapienza nell’arte del cesello, consapevolmente teso a misurarsi, con l’umiltà dell’artigiano, con le vette della grande stagione polifonica. Ma anche il bisogno di ritrovare i sommi riferimenti nel nostro presente, travasarne il magistero nell’oggi. Una Missa che dunque si presenta subito avvincente nel suo scandirsi di blocchi di impalpabile grazia, marmo nel marmo, assaggio di eternità che accoglie al proprio interno un autoritratto onesto e cristallino del suo autore, da sempre incamminato in un solitario, quanto mai personale, percorso di ricerca che lo ha portato – come testimonia “L’orecchio di Proteo”, autentico monumento ad un sapere a tutto campo, totalizzante, rinascimentale, appunto, - a confrontarsi senza risparmio sulle questioni sempre aperte della creatività tutta come atto umano, civile, intimamente connesso all’esistere, quindi necessario. Grazie anche all’imprescindibile contributo garantito dall’ensemble Fleur de Lys diretto da Giorgio Ubaldi, protagonista di un’esecuzione sorvegliata, intimamente viva, questa Missa racconta una perizia assoluta nell’utilizzare, curvandolo ad un impianto architettonico tanto sontuoso quanto mai esibito, sottilmente prezioso, un gioco di allusioni e rimandi ingaggiato con l’ascoltatore, chiamato a perdersi e a ritrovarsi, quasi come in un ariostesco palazzo di Atlante. Ma racconta anche, in una polifonia ripida, sibillina, in un tessuto cangiante e quanto mai duttile, indugiante su paesaggi armonici brumosi, sottilmente insinuanti, un sobrio eppur doloroso affresco dell’oggi. Una preghiera che forse non arriverà a Dio, rivolta com’è ad un cielo che appare vuoto. Una pagina senza dedica, senza padri, senza figli. Testamento ennesimo di una voce coraggiosamente personale, intinta in un pennino zeppo di riferimenti ed ugualmente libero da ognuno di essi. Geometrie asciutte che lavorano la materia sonora, l’impasto di voci, verso un cammino di conoscenza e di chiarezza: un viaggio forse non religioso ma certamente spirituale sulle rotte di una polifonia che disegna paesaggi sospesi, trafitti da lame di luce, accarezzati da ombre, dove il chiaroscuro danza tra consonanza e dissonanza. Un equilibrio che muove la scrittura in ondate continue, camminanti, ma che non rompe mai un ordine superiore, teso verso la luce. La conclusione di questa laica riflessione rarefazione di una conquistata vetta attarverso cui guardare la terra e il cielo con eguale benevolenza.

Carlo Alessandro Landini
Missa novem vocum

Tactus 2022