Recensioni - Cultura e musica

In Disco: La musica di Liszt attraverso le sue muse ispiratrici

Vita, amori, viaggi del grande compositore che rivivono nella tastiera di Tanguy de Willencourt,

La filigrana è quella di vita, amori, viaggi. La carta – una carta preziosa per corpo, consistenza, nobile rivelazione della mano che la scrive – è quella del racconto. Tanguy de Willencourt, qui all’ennesima prova discografica che ne fa un interprete di sofisticata fattura, sceglie l’angolazione biografica per sfogliare una raccolta personale, spiccatamente intima, del genio lisztiano, indagato attraverso la lente delle sue tante muse ispiratrici. Donne in carne ed ossa, figure che da concrete sembrano smaterializzarsi nella sublimazione del gesto creativo, raccolte nel prisma sfaccettato di un’ideale galleria privata. La contessa Marie d’Agoult, innanzitutto, complice della fuga libertina attraverso le gole, i crepacci e le viste mozzafiato delle Alpi svizzere; la baronessa Olga von Meyendorff, saggia consigliera di un cacciatore di sogni diventato nel frattempo abate. E, soprattutto, la principessa Carolyne de Sayn-Wittigenstein, colei che più di ogni altra solleticherà nel divo conteso dalle grandi sale da concerto di tutta Europa l’apertura dello sguardo verso orizzonti più lontani. Profili a loro volta complessi, multiformi, estremamente affascinanti, che la produzione lisztiana cattura nell’essenza e cristallizza in pagine assurte a paradigma di un’epoca: il primo maestoso libro delle Années de Pèlerinage, la scarnificata visionarietà del raro Impromptu suggestivamente sottotitolato come “Nocturne”. Fino al ciclo delle Harmonies poétiques et religeuses e alla montagna incantata della Sonata in si minore, petroso approdo a cui tutto confluisce e da cui tutto si dirama. Di questo monumentale arazzo, Willencourt annoda ad arte i fili, dispensando fuoco e saggezza, slancio acceso di trepidazione e sorgiva naturalezza di eloquio, consapevole che, sulle nude pareti lisztiane, ogni passo falso è fatale: la spavalderia di un approccio troppo scalpitante così come l’estatico abbandono alla contemplazione. A tali facili sirene, tra retaggi e miraggi, il pianista francese sembra prediligere l’ispirata freschezza e la colloquiale, preziosa sincerità di una pregnante tensione poetica, di una laica beatitudine verso cui tutto, anche le pagine più febbrili, finisce per tendere. La compiutezza di uno sguardo elevato al cielo, capace di riconciliarsi e di fare sintesi e tesoro delle tante esperienze terrene, dopo averne colto il valore di rivelazione.

Franz Liszt
Muses

Tanguy de Willencourt,
Mirare