Recensioni - Cultura e musica

In Disco: La struggente voce dell'Armenia

Eva Zaïcik, David Haroutunian e Xénia Maliarevitch interpretano melidie di Komitas, Aprikan, Ganatchian e Aghabab

Si innalza, discreta e insieme struggente, la voce dell’Armenia profonda, delle sue chiese e delle sue pietre, per millenni soffocate sotto il piede usurpatore. In questo magnifico percorso d’ascolto, grazie a tre musicisti d’eccezione quali Eva Zaïcik, David Haroutunian e Xénia Maliarevitch, il canto di questa terra antica e traboccante di bellezza affiora in tutta la sua forza evocativa, nel suo carico di storia, dolore, memoria, sogno. Al centro del viaggio, la scrittura increspata e popolareggiante, nuda, aspra e dolcissima, di padre Komitas, la tensione spirituale stipata in pagine essenziali e visionarie come solo una preghiera sa essere. Nel 1902 scriveva che suo compito sarebbe stato quello di “recuperare e divulgare le radici della musica folkloristica” della sua terra. Quattro anni più tardi, di fronte alla figura barbuta di questo religioso, compositore e musicologo, dopo una lettura e concerto tenuti a Parigi, un entusiasta Claude Debussy gli corre incontro e si inginocchia ai suoi piedi. Con una devozione che consente di coglierne ogni voce, ogni dettaglio, anche quelli conservati nelle pieghe dei silenzi, nel pudore dei non detti, i tre interpreti si fanno messaggeri e custodi di un patrimonio di trepidante intensità, in un dialogo insieme accorato e sorvegliatissimo. Se le pagine di Komitas sono al centro di questo periplo erratico e insieme iniziatico nei misteri di un universo ancora per molti aspetti sconosciuto, quelle del novantaseienne compositore franco-armeno Garbis Aprikian, allievo di Messiaen e per molti aspetti erede di Komitas, e dei più rari Parsheg Ganatchian e Hakob Aghabab, sono preziosi controcanti di tributo sincero e necessario dedicato alle Mayrig, alle donne e madri armene, ai loro occhi e cuori spalancati sulle indicibili tragedie dei loro figli.