Recensioni - Cultura e musica

In Disco: L'ambizioso e sfaccettato pianismo di Fanny Mendelssohn

l'illuminante interpretazione di Gaia Sokoli di tre sonate della sorella maggiore del più celebre Felix Mendelssohn Bartholdy

Fanny Mendelssohn, con la sua breve esistenza, non rappresenta solo una figura strettamente intrecciata a quel groviglio umano e creativo straordinariamente febbrile e illuminato che nella Germania della prima metà del XIX dissemina pagine di irripetibile bellezza. Ne è parte attiva, anello prezioso e straordinariamente duttile di una catena di stimoli, rimandi, allusioni che della letteratura romantica saranno perno e architrave. Il cenacolo è quello del Davidsbund schumanniano: amici, sodali, compagni fraterni di una visione che è insieme studio accanito e strenua battaglia in cui i morti indicano la via ai vivi. I sommi Bach e Schubert accanto ai coniugi Robert e Clara Schumann, lo spirito torreggiante di Beethoven e quello, più sfuggente, enigmatico, di Chopin. Ma soprattutto il fratello Felix, crocevia tra il tempo dei Padri e quello della musica dell’avvenire con la sua scrittura aristocratica, alata, immaginifica, incardinata nel più alto magistero bachiano. Anche lui, condannato, come chi è caro agli dei, a tacere troppo presto, cinque mesi dopo la sorella. Lei muore a quarantadue anni, lui – di quattro anni più giovane – nell’anno dei trentotto.

Per gli Schumann, la loro perdita sarà un dolore lacerante e, per Robert, l’inizio di quella tragica parabola discendente che lo porterà alla follia. Oggi la voce di Fanny – musa, sorella, figlia di una famiglia della miglior borghesia tedesca ebraica, educata a pane, musica e letteratura – splende in tutta la sua sfaccettata bellezza nel bel lavoro discografico firmato dalla giovane pianista Gaia Sokoli. Tre Sonate (e un tempo di Sonata incompiuta) figlie di stagioni differenti, tracciate con pennino guizzante, a scandire una scrittura ambiziosa e perfettamente ordita, sicuramente debitrice – in alcune tinte, nel sottile gioco armonico non meno che nel ricorso ad una strumentalità audace – della temperie creativa di casa Mendelssohn, ma al tempo stesso personalissima. Suo, di Fanny, l’indugio verso anse introspettive di straordinario lirismo, incastonate tra movimenti tracimanti di vitale irrequietezza e di quello che Schumann avrebbe detto “Humor”. La giovane interprete non sembra temere le insidie di tanta complessità e vi si tuffa con temperamento e intelligenza invidiabili, restituendo all’ascoltatore il ritratto - vivido, parlante – di una grande donna della Musica.

Fanny Mendelssohn
Piano Sonatas

Gaia Sokoli
Piano Classics