Pregevole e coinvolegente esecuzione dello stesso Trovesi e di Stefano Montanari alla testa di un affiatato ensemble
Non semplici contaminazioni. Queste “Stravaganze consonanti” non raccolgono, nell’abbraccio accattivante di un ossimoro, solo una bella storia di famiglia, ma rappresentano più sottilmente l’audace anelito di comprendere – ancora una volta, nel senso di abbracciare, tenere insieme – le molteplicità della musica. Stefano Montanari, alla testa di un manipolo di splendidi musicisti, da par suo, con slancio spavaldo non privo di note di toccante introspezione, conduce l’ascoltatore in un dedalo di miniature che distillano qualcosa come il meglio della produzione che dalla grandiosa polifonia fiamminga si fa largo fino alla stagione del barocco. E, a rammendare pagina a pagina, in un cammino senza soluzione di continuità, chiama a sé Gianluigi Trovesi, suocero ma soprattutto principe della scena jazz italiana ed internazionale. A lui affida interventi stranianti solo sulla carta, intrisi al contrario di sorprendente capacità dialogica, nei quali il clarinetto e sax del musicista bergamasco contrappunta, con perfetto equilibrismo tra stravaganza e consonanza, le voci di Purcell, Dufay, Desprez, e si cimenta in una personale riscrittura della storia. Allo stesso modo, l’ensemble guidato da Montanari rilegge il sommo patrimonio musicale del passato alla luce di una chiave nuova, pulsante, animata da un richiamo verso il presente, abitato dal nostro sentire, qui ben espresso da una rosa di musiche scritte dallo stesso Trovesi, spesso sullo spunto di frammenti di musiche antiche. Un ascolto intenso e godibilissimo, pulsante di echi folkloristici, piegato in uno sguardo introspettivo steso con pagine di cantabilità desolata, animato dal motore di un instancabile incalzare. Una lezione di sopraffina strumentalità e di appassionata affabulazione.
Gianluigi Trovesi
Stravaganze consonanti
Stefano Montanari
ECM