Un percorso labirintico verso l'astrazione nella nitidalettura di Nuccio Trotta

Avvolta di un’aura che, dai primi esiti ancora occhieggianti alla scrittura chopiniana, vede farsi via via più fitto, visionario ed esoterico, il suo manto spirituale, l’integrale delle Sonate di Alexandr Skrjabin rappresenta l’occasione di un viaggio tanto avvincente quanto arduo nel quale ascoltatore e interprete, corrono ben più di un rischio. Ad esempio, perdere di vista il sentiero, o lasciarsi abbagliare dalle sirene di percorsi secondari, nell’ordito di un impianto a sua volta progressivamente più labirintico, o ancora dalle altrettanto insidiose correnti affidate alla sola sperimentazione timbrica a scapito della narrazione, della chiave capace di risolvere l’enigma e di aprire l’ostrica. Dieci stazioni di un percorso in salita, sempre più criptico nel corso del quale il paesaggio cambia e da pianeggiante, fluido, si va più aspro, brullo; le armonie si sfaldano in scie luminose ormai prive di un orientamento certo; le dimensioni abbandonano via via il piglio sinfonico a larghe campate, magmatico, a favore di più inafferrabili speculazioni. Frasi sempre più smozzicate, sincopate, protese verso una dissoluzione che, un po’ come avviene nell’ultimo Beethoven, non è crollo bensì visionaria intuizione di verità immateriali, invisibili agli occhi, medianica capacità di catturare granelli, scintille, frammenti di un tutto che qui trova una delle sue affermazioni più poderose. Nuccio Trotta, formazione di prim’ordine, tra Ciccolini e Dorensky, affronta con coraggio e convinta adesione una sfida con un corpus sonatistico difficile da delineare, da intendere, rendere e accendere nel caleidoscopio fiammante dei suoi umori. Una lettura, la sua, onesta e nitida in cui è una sovrana misura a guidare le scelte e il passo, togliendo alla traversata e ai suoi mille trapassi qualche asprezza di troppo, ma anche qualche sorpresa.

SKRJABIN
PIANO SONATAS
NUCCIO TROTTA

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