Recensioni - Cultura e musica

In mille per i 500 anni della Bayerische Staatsorchester

Straordinaria esecuzione dell’Ottava sinfonia di Mahler diretta da Kirill Peternko

Programmata inizialmente un paio di stagioni fa e poi rinviata a causa della pandemia, l’Ottava sinfonia di Gustav Mahler detta “Dei Mille” è stato uno degli eventi cardine dei festeggiamenti per i 500 anni della Bayerische Staatsorchester ed ha segnato il ritorno sul palco della Bayerische Staatsoper del precedente direttore musicale Kirill Petrenko, attualmente guida dei Berliner Philharmoniker.

Partitura legata alla città di Monaco, infatti qui ebbe la sua prima esecuzione assoluta nel 1910, la sinfonia dei Mille, oltre ad una grande orchestra, prevede 8 voci soliste, 2 cori ed un coro di voci bianche. Un organico imponente per la composizione più intrisa di ottimismo dell'ultimo periodo mahleriano.
Scritta tra il 1906 e il 1907 in un momento di particolare fecondità, la sinfonia ha nello “spirito creatore”, ovvero l'ispirazione da cui scaturisce ogni attività artistica, il proprio nucleo fondante ed infatti il primo movimento è costruito sull’inno medievale Veni Creator Spiritus scritto da Rabano Mauro nel nono secolo. Lo stile di questa pagina, l'unica di Mahler su testo religioso, si stacca da quello delle opere precedenti, rifacendosi più alla polifonia bachiana, con fughe articolate e giochi contrappuntistici. Magistrale interpretazione di Petrenko che, pur nel pieno rispetto dell’indicazione “allegro Impetuoso” non limita la sua lettura ad una granitica monumentalità ma, al contrario, scandaglia le pieghe della partitura in cui si alternano perorazione e raccoglimento devozionale al punto che, subito dopo il potente attacco, il verso “Imple superna gratia” viene sospeso in una dimensione di preghiera intrisa di una levità commovente. Petrenko governa le masse corali ed orchestrali con una leggerezza ed allo stesso tempo una profondità straordinarie: non mancano gli schianti tellurici ed i passaggi in fortissimo ma nulla è effetto fine a sé stesso, anzi, al contrario, la musica sgorga naturale e spontanea in un continuo ed armonico divenire.

Di tutt'altra natura la seconda parte incentrata sulla scena finale del Faust di Goethe che rimanda ad una forma teatrale scenico drammatica di stampo romantico. Qui al centro c’è la luce: luce divina ma anche luce dell'amore che si collega idealmente alla prima parte, grazie al verso “Accende lumen sensibus”. L'inizio è costituito da una lunga introduzione strumentale, l'unico brano esclusivamente orchestrale di tutta la composizione: un lento e cadenzato incedere che delinea l'ambiente ed introduce il coro degli anacoreti. Meravigliosa la resa orchestrale per la ricchezza di colori e la perfezione degli equilibri tra le singole sezioni in cui tutto è sostenuto da un impalpabile vibrato dei violini che prelude ad un attacco del coro scandito a fior di labbra che sembra provenire da un’altra dimensione. In questa seconda parte emerge il Petrenko uomo di teatro che esalta gli elementi drammaturgici infondendo vita alla pagina scritta. Ottimo il gruppo di solisti: Cristoph Pohl un Pater ecstaticus tal timbro morbido e suadente; Georg Zeppenfeld autorevole Pater Profundus; Benjamin Bruns un Doctor Marianus dala voce luminosa e ben proiettata nell’acuto; Rachel Willis Sørensen una Magna Peccatrix dal fraseggio raffinatissimo; Johanni van Oostrum intensa ed espressiva quale Una poenitentium; Jennifer Johnston un’incisivaMulier Samaritana;  Okka von der Damerau una Maria Aegyptyaca dalla voce imponente; Jasmin Delfs ieratica Mater Gloriosa, cantata dal palco reale.   Magnifica la resa del Bayerischer Staatsopernchor, dello Staatschor Latijvia e del Tölzer Knabenchor.
Al termine applausi interminabili e standing Ovation per un’esecuzione che rimarrà nella storia della Bayerische Staatsoper e, come lasciavano presagire i molti microfoni disseminati, destinata a diventare un irrinunciabile edizione discografica.

L’ottava è l'ultimo sprazzo di positività di un compositore che con Ironia e malinconia fu l'interprete del crollo di un mondo. La sua musica fotografa una società che, imbevuta della fiducia in sé stessa, nella continua corsa al positivismo ed all’edonismo, non voleva accorgersi dei cedimenti che ne minavano le fondamenta e che, dopo neanche un decennio, assisterà al crollo di imperi secolari e verrà travolta da una guerra mondiale. Durante la passeggiata nel centro di Monaco per raggiungere il teatro, nell’attraversare una Marienplatz in cui sventolavano bandiere palestinesi è stato inevitabile pensare quanto Mahler sia attuale ed abbia ancora molto da dirci.