Recensioni - Cultura e musica

Incompiuta ed Eroica con sonorità d’altri tempi

Generalmente quando sento parlare di esecuzioni filologiche di musiche del XVIII e inizio XIX secolo vengo sempre colto da una ce...

Generalmente quando sento parlare di esecuzioni filologiche di musiche del XVIII e inizio XIX secolo vengo sempre colto da una certa perplessità mista a scetticismo. Molto (troppo) spesso dietro alla dicitura “secondo la prassi e su strumenti dell’epoca” si sono nascoste delle interpretazioni estremamente discutibili che, cercando di riproporre una concezione esecutiva prossima a quella originale, altro non erano che sterili cerebralismi intellettualistici privi di una vera e propria anima. Non che con ciò io voglia contestare questa meritoria tradizione di ricercare nelle composizioni di epoca barocca e classica sonorità affini a quelle del periodo in cui furono composte, anzi, è stato proprio grazie a musicisti e musicologi che hanno lavorato in questa direzione che si è riusciti a togliere moltissime incrostazioni che la prassi esecutiva aveva lasciato sedimentare su innumerevoli capolavori, ma, per il gusto di “togliere” o di restare fedeli alla scrittura originale, non si può nemmeno ridurre la partitura ad un nudo scheletro eseguito con composta freddezza, quasi si stesse risolvendo un’equazione matematica.
Fortunatamente Frans Brüggen riesce a conciliare straordinariamente queste due componenti, infatti al rigore dello studio filologico sposa la sensibilità del grande artista, per cui ogni sua esecuzione abbina al gusto della riscoperta il piacere dell’ascolto. E così è stato anche in questo magnifico concerto che il Festival Pianistico ci ha regalato.
La serata, che ostentava un programma da tutto esaurito, si è aperta con una magnifica interpretazione della Sinfonia in si minore “Incompiuta” di Franz Schubert. Il maestro ha scelto per la sua “Orchestra del XVIII secolo” tempi leggermente meno sostenuti rispetto a quelli cui siamo abituati, aumentando in nitidezza e permettendo così una maggiore comprensione della struttura stessa della composizione, ma riuscendo a mantenere inalterata, grazie soprattutto ad un sapientissimo gioco di sfumature, la tensione sino all’ultima nota. Mai avevo sentito in questo brano i violoncelli ed i contrabbassi così incisivi nei loro passaggi, e mai i tromboni e le trombe, qui ovviamente senza pistoni, avevano avuto un timbro così asciutto ma allo stesso tempo così drammatico nei pieni orchestrali del primo movimento.
La seconda composizione in scaletta era di non minore importanza: Quella Sinfonia Eroica con la quale nel 1804 Ludwig Van Beethoven abbandonerà il modello haydniano che fino ad allora era parso come l’unico possibile in questo genere musicale.
Ad un impeccabile primo movimento Brüggen ha fatto seguire una marcia funebre dalle sonorità nettamente più scabre ed essenziali del solito; scelta che ne ha esaltato le caratteristiche di composta tragicità. A questa è seguito uno “scherzo” leggero e spumeggiante da cui spiccavano le maiuscole prove dei corni, che è sfociato nel travolgente “allegro molto”, apertosi con un pizzicato che raramente ho sentito altrettanto espressivo e conclusosi in un crescendo dai tempi sostenutissimi che ha provocato un’ovazione da parte di un teatro gremito in ogni ordine di posti.
Prima di accomiatarsi l’orchestra ha voluto regalare un breve bis che, oltre ad un omaggio all’Italia, ha voluto essere a mio avviso anche una piccola lezione: un eccellente interpretazione del Preludio I della Traviata di Verdi eseguito su strumenti d’epoca e tuttavia di un’intensità e di una poesia indicibili. Bastava la tensione degli archi sulle prime battute per far capire quanto una lettura filologica potesse coniugarsi appieno con una straordinaria partecipazione emotiva, e di questo a Brüggen ed alla sua orchestra non possiamo che essere grati.

Davide Cornacchione 14/5/03