Recensioni - Cultura e musica

Indimenticabile Salonen al Settembre dell’Accademia

Il direttore finlandese alla testa della Philharmonia Orchestra in una magistrale interpretazione di Sibelius e Beethoven.

Ci sono orchestre che nel corso della loro storia vivono particolari stati di grazia; ci sono direttori di talento che godono periodi di maggiore ispirazione, e ci sono poi delle alchimie particolari che scattano tra gli uni e le altre che si trasformano in straordinarie simbiosi. Il risultato di tutto ciò si materializza in esecuzioni di valore assoluto destinate a stamparsi indissolubilmente nella memoria dei fortunati spettatori, come è successo al concerto della Philharmonia Orchestra diretta da Esa-Pekka Salonen al Teatro Filarmonico.


La prima parte del programma, dedicata interamente a Jean Sibelius, si è aperta con “La morte di Mélisande”, pagina di grande lirismo e malinconia che Salonen ha reso con pennellate di ampio respiro, giocando su un perfetto equilibrio timbrico con un’orchestra capace di cesellare delicati pianissimi e di trasmettere una sensazione di profondo raccoglimento.
Più ariose e trasparenti le atmosfere della Sesta sinfonia, enigmatica rappresentazione della natura finlandese. Anche in questo caso il perfetto rapporto con l’orchestra ha permesso al direttore di scavare all’interno della partitura concedendosi una grande libertà dal punto di vista dinamico ed esaltandone ogni passaggio.

Libertà dal punto di vista dinamico ed estrema vivacità sono stati alla base di una magnifica e originale interpretazione della Terza sinfonia di Ludwig Van Beethoven. Sfrondata da tutta la retorica che di solito le si associa, la terza di Salonen si distingue per la vitalità e per la luminosità del suono che le conferiscono una luce assolutamente nuova. Un Beethoven troppo leggero per essere romantico ma troppo agogico per essere classico; il direttore finlandese si stacca dalle letture più convenzionali proponendo un Beethoven tanto personale quanto moderno e coinvolgente.
Interminabili le ovazioni al termine del concerto che, come si era aperto, si è chiuso nel nome di Sibelius con una magistrale interpretazione del Valse triste.

Davide Cornacchione 20/09/2017