
In programma, il trittico sinfonico di Mozart: Sinfonie n. 39, K 543, n. 40, K 550, n. 41, K551, già esibito il giorno prima al Teatro dell’Aquila di Fermo
Tre Sinfonie scritte tutte d’un fiato nell’estate del 1788 da un Mozart ispirato da una frenetica ed esplosiva vena creativa intrisa tuttavia di ansia e desolata inquietudine. Ricordiamo che la composizione di questo ciclo sinfonico è legata al tentativo del Salisburghese di risolvere impellenti necessità economiche che in quel periodo lo attanagliavano nella morsa dei debiti, sicché non è peregrino leggere negli accenti armonici e nei guizzi melodici delle tre partiture l’affanno e lo sgomento del suo animo.
Seguendo l’esempio del maestro Haydn e da lui distaccandosene, superandolo quanto a concezione e genialità artistica, Mozart si risolve a scrivere tre pagine tra le più belle del Sinfonismo Classico, in cui la perfezione semantica della forma sonata convive con un neo spirito protoromantico. E partendo proprio da questo affresco sinfonico - ultimo per il Nostro - Beethoven muoverà i suoi passi artistici rinvigorendo ed evolvendo il linguaggio tematico e l’identità strutturale della Sonata e Sinfonia.
Le tre Sinfonie hanno un proprio carattere e una peculiare personalità che emerge distintamente grazie all’eloquente e misurata bacchetta di Daniele Gatti. La sua visione della Sinfonia n. 39 si mostra sin dai primi accordi dell’Adagio iniziale che precede il solito Allegro; il suo gesto esige dall’Orchestra accordi dal carattere cupo e tenebroso simile a quello che precede e accompagna l’ingresso del Commendatore nel “Don Giovanni a cenar teco”. Sono accordi che, nel mentre caricano l’atmosfera di mistero, creano un ideale anello di congiunzione con l’Opera di cui, peraltro, il Salisburghese non aveva digerito il fiasco della rappresentazione avvenuta a Vienna nel maggio 1788. Con elegante gestualità, il pluripremiato Direttore governa l’autorevole voce dei corni che nell’Andante con moto esibiscono un distinto spunto tematico come se fossero i protagonisti di un concertato operistico. La loro voce fa da contraltare al primo ed espansivo tema, articolato su eleganti semicrome pointées, ampiamente esposto dagli archi e ripreso dai fiati nel medesimo tempo.
Di gagliardo slancio è il Minuetto, magistralmente eseguito dall’Orchestra che nel Trio esibisce il suadente suono dei clarinetti in un sereno dialogo con il flauto. Piacevolissimo è l’ascolto dell’Allegro finale di questa Sinfonia al cui incipit, attaccato inaspettatamente con ritmo anacrusico un po’ lento, segue un incalzante profluvio di suoni che si apparenta alla scena di un’opera buffa in cui più personaggi, rincorrendosi e girando freneticamente su sé stessi, tentano di vincere il tempo in vista di una scadenza.
Incantevole è il perfetto attacco in anacrusi del primo tempo della Sinfonia n. 40 in Sol minore eseguita nella versione del 1791 che vede anche qui, come nella Sinfonia n. 39, l’aggiunta di due clarinetti alla consueta compagine sinfonica, come esplorazione di nuove sonorità e combinazioni timbriche anticipanti atmosfere preromantiche. L’incanto iniziale va tuttavia a poco a poco svanendo quando non emerge la levità conclusiva delle semifrasi, dal carattere apparentemente sereno ma di fatto inquieto, che danno forma al primo tema dell’Allegro molto. Se l’Andante del secondo tempo è apparso lento e poco eloquente rispetto al previsto, il Minuetto e l’Allegro assai hanno pienamente soddisfatto gli orecchi di coloro che leggono nella Sinfonia un alto contenuto drammatico e una latente o reticente forza esplosiva.
La maestosità, la fierezza e il vigore dell’ultima Sinfonia in programma, la Jupiter secondo la definizione dell’impresario londinese Salomon che ne fece una trascrizione pianistica, sono rese ai massimi livelli dall’Orchestra Mozart e da Daniele Gatti attraverso la sublimazione di un quadro sonoro che dall’Allegro vivace del primo tempo conduce via via all’ultima pennellata del Molto Allegro passando per il delizioso Andante cantabile e il tranquillo Allegretto del canonico Minuetto e Trio del terzo tempo. E’un climax di emozioni, intense e piacevoli suggestioni che rapiscono l’animo e appagano la mente, simbolicamente legate al tema-soggetto di quattro note ascendenti (Do-Re-Fa-Mi), esposto nel quarto tempo e sviluppato in contrappuntato a cinque parti in stile fugato, o agli smaniosi e affannosi semitoni ascendenti di cui è intrisa la partitura. Ma è anche un climax di tensioni discendenti che trasportano i sensi in una struggente atmosfera caratterizzata dai gemiti dei “planctus” variamente esposti in partitura.
Il Concerto ha pienamente appagato le aspettative del pubblico che ha mostrato di gradire con calorosi e lunghi applausi sia la resa sonora dell’Orchestra, sia l’eleganza e asciuttezza del gesto di Daniele Gatti. Questi ha cesellato ogni minimo dettaglio delle partiture mozartiane in un andamento dinamico e agogico di chiaro gusto, come la sensibile diminuzione di volume nei passaggi tematici in tonalità minore. Sotto la sua direzione l’Orchestra ha restituito un suono sinfonico nitido e rifinito. Gli strumentisti, nei vari singoli interventi, si sono fatti ammirare per sonorità plastiche e levigate ariosità.
In conclusione, gran successo per il Concerto che ha registrato il tutto esaurito in Teatro!