Recensioni - Cultura e musica

L’essenziale intimismo di Carboni

Debutto al Teatro Filarmonico di Verona del tour del cantautore bolognese

Quadratura nera a sipario aperto, quattro sedie trasparenti un baule in centro alla scena (uno di quelli degli anni sessanta, di quelli che ce l’aveva in casa anche mia madre),  quattro curiose strutture nere simili a rastrelliere di cui non si capisce bene l’uso. Entrano in scena gli strumentisti e Luca Carboni: “Stellina (dei cantautori) ” apre il concerto. Il suono è perfettamente equalizzato, il volume ben calibrato l’acustica eccellente.

Luca Carboni un po’ impacciato inizia a parlare: ha voglia di parlare e lo fa in continuazione fra un pezzo e l’altro. Vuole raccontarsi Carboni e non solo con la musica; introduce Riccardo Sinigallia col quale esegue “Zingari felici”, chitarra e una piccola tastiera. Il fondo s’illumina e Lolli passeggia per Bologna come nel finale del video del brano. Così tra una presentazione e una cover, scorre rapidamente tutta la prima parte del concerto dedicato alle “Musiche ribelli”: minimalismo sonoro e degli arrangiamenti, essenzialità della scena, passando per tutti i pezzi dell’album (stelle di cantautori). Il fondale s’illumina, s’imprime d’immagini, colora la scena coadiuvato da un impianto luci ben architettato e da quelle curiose rastrelliere che ora si accendono quasi a definire uno spazio scenico ideale.
La strada che porta alla casa di Ilde, nelle immagini proiettate, è percorsa da due motorini (per la precisione due Vespe) che giocano a rincorrersi fra i tornanti puliti fatti d’asfalto e incisi in un paesaggio perfettamente innevato, irradiato da un pallido sole.  Tutto fluisce come da copione fra una presentazione e una canzone passando dall’inedita interpretazione chitarra-voce di “Genova per noi” per giungere a “l’avvelenata” che presenta semplicemente dicendo…”questa non l’abbiamo nemmeno provata…”.
Il percorso nostalgico di Carboni é una sorta di viaggio nella memoria artistica del cantante che parte dalle musiche ribelli che rappresentano la sua formazione, prosegue attraverso i suoi esordi fino ad arrivare ai successi degli anni’90. Pochi gli accenni all’ultimo decennio discografico. L’operazione a questo punto si può dire riuscita.  Carboni entra nei teatri e cerca un contatto ancora più diretto con il suo pubblico, quasi a creare un dialogo; la vena intimista dell’autore trova qui una sfera quasi ideale. Non ci sono fronzoli, tutto è assolutamente sobrio e calibrato e, di fatto, il concerto segue un suo percorso attraverso il tema portante del nuovo album di cover e lo stretto legame tra Carboni e i brani scelti.
Il concerto dura due ore e mezza, la serata risulta gustosa, ideale per un “intimistico” tour teatrale.

Alberto Cella 2 marzo 2009