Recensioni - Cultura e musica

L’irresistibile richiamo di Orfeo

Trionfo al Teatro alla Scala per l’opera di Monteverdi con la regia di Robert Wilson e la concertazione di Rinaldo Alessandrini

Riuscire ad inanellare otto esauriti consecutivi con un titolo decisamente desueto come Orfeo di Monteverdi ed in un periodo dell’anno non certo considerato di punta (ovvero fine settembre), deve costituire motivo di grande soddisfazione per il Teatro alla Scala ed allo stesso tempo di grande riflessione per quella classe politica che, da un po’ di tempo,  addita la cultura come un inutile dispendio di risorse.

La realtà a quanto pare è diametralmente opposta: quando si allestiscono spettacoli di qualità, anche se non si tratta di opere del grande repertorio, il pubblico accorre; al punto che, la sera cui ho partecipato, almeno una ventina di persone erano in coda fuori dalla biglietteria in attesa che qualcuno rinunciasse alla propria prenotazione.
Il premio sicuramente valeva lo sforzo, infatti abbiamo avuto modo di assistere ad uno dei migliori Monteverdi degli ultimi anni, sia dal punto di vista musicale che registico.
Questo titolo, che costituisce il primo appuntamento di un ciclo monteverdiano che la Scala allestirà nei prossimi anni sempre con la regia di Robert (Bob) Wilson e con Rinaldo Alessandrini sul podio,  lascia presagire ottimi risultati.
Delle tre opere sicuramente Orfeo è quella in cui la trama è meno articolata ed i personaggi meno sfaccettati, pertanto, giocando molto sul simbolismo, è quella che meglio si adatta agli allestimenti estremamente estetizzanti di Wilson. Probabilmente per l’Incoronazione di  Poppea e per il ritorno di Ulisse in patria si dovrà lavorare in maniera diversa, tuttavia in questo primo appuntamento la regia ha funzionato alla perfezione.
La relativa staticità dell’opera è stata risolta grazie ad una serie di tableaux vivants di natura allegorica, soprattutto nel primo atto, che grazie ad una serie di piccoli gesti rendevano dinamica l’azione. Il tutto in una scenografia tanto essenziale quanto elegante che, seppur ispirata ad un quadro di Tiziano, grazie ad un magistrale disegno luci ricordava più le sgargianti tinte fredde di un Magritte. Il tutto però non si risolveva in una regia banalmente estetizzante, al contrario, le immagini mutavano a seconda della situazione in una sorta di empatia con quanto accedeva in scena.
Se di tale ricercatezza era l’aspetto visivo, ancora più riuscito si è rivelato quello musicale. Rinaldo Alessandrini, alla testa di un ristrettissimo organico, coadiuvato da alcuni membri del suo “concerto Italiano” al basso continuo, si è rivelato come uno dei massimi interpreti monteverdiani attualmente in circolazione.
Il suono era asciutto ma mai secco, come invece una certa filologia di matrice tedesca ci ha abituato a sentire,  anzi  l’uso agogico delle dinamiche unito ad una grande attenzione al testo ed all’espressività hanno dato vita a momenti di grande intensità.
Emblematico a questo proposito l’annuncio della morte di Euridice, in cui la toccante messaggera della bravissima e musicalissima Sara Mingardo  ha trovato perfetta corrispondenza nel commosso Orfeo di Georg Nigl ed in un coro tanto impeccabile quanto partecipe.
Decisamente all’altezza anche il resto del cast con l’ottima Roberta Invernizzi (nel triplice ruolo di Euridice, Eco la Musica) e gli efficaci Luigi de Donato (Caronte), Raffaella Milanesi (Proserpina), Giovanni Battista Parodi (Plutone) e Furio Zanasi (Apollo).
Al termine applausi  convinti e calorosi, quasi si trattasse di un titolo verdiano, accompagnati dalla speranza che da questo allestimento si possa realizzare anche un DVD, che rientrerebbe a pieno titolo tra le edizioni di riferimento dell’opera.

Davide Cornacchione 6 ottobre 2009