Recensioni - Cultura e musica

LIBRI: Amata e lontana, un viaggio appassionato nel patrimonio musicale tedesco

Antologia di saggi da Bach a Stockhausen raccolti da Alessandro Maria Carnelli

L’arte del rammendo, a cucire parole e visioni con il filo di una sapienza rattenuta in un’affabulazione confidenziale, splendidamente narrativa. L’arte multiforme di Alessandro Maria Carnelli è nella testimonianza delle voci qui riunite in gran simposio, nella galleria di nomi – l’accanito frequentatore di musica e di questioni musicali ritroverà qualcosa che assomiglia ad uno schumanniano Davidsbund – qui presenti. Il suo “Amata e lontana” che nel titolo ammicca al Beethoven liederista di “An die ferne Geliebte” è un viaggio appassionato nel patrimonio musicale tedesco, da Bach a noi, attraversandone le pagine e gli autori più emblematici per esplorarne nuove, spesso inedite angolazioni. Una lezione di camerismo, dunque: tante voci ed una sola moltitudine chiamata a dire, rivelare, suggerire percorsi di approccio, a risvegliare il desiderio, ahinoi mai così pungente, di ascolto. Una pubblicazione che sa guardare, senza scorciatoie, ad una divulgazione nobile ed ispirata, aperta a Pianista, direttore d’orchestra, a proprio agio tra le miniature così come a cospetto di partiture monumentali, Carnelli ama da sempre partire dal frammento e, da esso, scandagliare l’infinito che ne è custodito. Nell’ombra, o discretamente in secondo piano, è il suo pungolo ad attizzare il fuoco del racconto. Sguardi differenti e convergenti, tutti portatori di una specifica cifra, perfetti per accostarsi per la prima volta alla somma letteratura musicale, avvincente per scoprirne elementi che solo l’addentrato frequentatore sa indicare. Un breviario laico che prende per mano il lettore e, in una prosa che è già musica, evocazione, assonanza, chiama a sé le firme di musicologi e musicisti, filosofi, compositori e direttori d’orchestra, spesso tutte queste cose insieme. Da Bach a Stockhausen, ogni autore presentato da uno degli invitati, in una varietà di approcci che, nella libertà assoluta di navigazione, sembra regalare intrecci del destino in cui non solo il tempo ma anche le geografie si incontrano.

Dino Villatico apre le danze con un’intensa riflessione su e attorno a Bach, al suo sommo genio ma ancor prima al retroterra che confluirà nella sua produzione determinandone alcuni tratti. Vanni Moretto esplora l’ironia, il teatro interiore, la spregiudicata libertà di un insospettabile Haydn, per troppi ancora relegato al marmoreo busto di Maestro dell’olimpico equilibrio. Magnifico il Beethoven messo a nudo, intimo ed addentrato, di Umberto Benedetti Michelangeli. Al centro, il prisma inquietante e lancinante della Winterreise che Umberto Clericetti percorre stanandone le assonanze tra testo e resa musicale. E ancora, la poetica schumanniana che Lonquich, in un’adesione totalizzante al compositore che da sola vale il libro, srotola svelandone intrinseca drammaturgia e declinazioni poetiche. A seguire, il Wagner di Emilio Sala, indagato attraverso l’esperienza leitmotivica come lente attraverso cui approcciarsi all’ascolto: il motivo conduttore come forma di orientamento, mai innocente ma anzi subliminale, insinuante, pervasiva. Altra firma eccellente è quella di Guido Salvetti, gran signore di una narrazione densa e catalizzante, chiamato a condurre nelle stanze del prediletto Brahms. Tutto d’un fiato, in una parola che è spesso già intrisa di risonanze che evocano la pagina, fino al Suono di Natura che attraversa e contraddistingue il verbo mahleriano e che Carlo Serra srotola con grande autorevolezza, ed allo Schönberg vorace sperimentatore degli inizi, affidato alla sapiente guida dello stesso Carnelli, che dell’arte schonberghiana conosce ogni più riposta piega. La firma in fondo al quadro con cui, dopo lo squisito cameo bruckneriano, l’autore di questo magico damasco esce allo scoperto.