Recensioni - Cultura e musica

La gazza ladra chiude in bellezza la stagione invernale al Filarmonico

Ottima edizione dello spettacolo rossiniano nella celebre edizione di Damiano Michieletto

A conclusione di uno dei migliori cartelloni invernali degli ultimi anni della Fondazione Arena(fatto salvo lo sbilenco Falstaff inaugurale), la bellissima Gazza ladra di Rossini firmata Michieletto-Fantin-Teti è finalmente approdata sul palcoscenico del Teatro Filarmonico.
Lo spettacolo è quello ormai famoso che vide il suo debutto al ROF del 2007 e che segnò un punto di svolta nella carriera del giovane regista.
 

L’idea di partenza è tanto semplice quanto efficace: nel corso dell’ouverture  vediamo una ragazzina che  non riesce ad addormentarsi. Per ingannare il tempo si mette a giocare con una sorta di teatrino costituito da una serie di cilindri affiancati. Una volta preso sonno inizia a sognare una vicenda ambientata proprio in quello spazio scenico in cui lei interpreta il ruolo della gazza ladra, che, in seguito al furto di una posata, innesca tutta quella serie di vicende inserite nel libretto di Giovanni Gherardini.
L’impianto, nella sua semplice razionalità, funziona benissimo, grazie all’uso estremamente vario ed intelligente che ne fa il regista (il bellissimo quadro finale del primo atto, in cui i tubi si inclinano verso la platea, è diventato il paradigma di questo spettacolo) ed anche ad un eccellente progetto luci, firmato da Paolo Mazzon, che ne esalta le forme diversificando in modo estremamente suggestivo le varie sequenze.
In sostanza uno spettacolo intelligente in cui ogni immagine è sinonimo di appagamento per la vista, cui forse un maggiore approfondimento dell’aspetto comico non avrebbe però guastato.
Soddisfacente anche l’aspetto musicale, anche se con qualche distinguo.
Giovan Battista Rigon al suo debutto al Filarmonico ha diretto con mano sicura e precisa, nonostante la sua concertazione tendesse ad esaltare maggiormente l’aspetto drammatico della partitura, risultando totalmente priva della proverbiale leggerezza rossiniana, che ne avrebbe costituito adeguato contraltare. Complice in questo anche l’orchestra della Fondazione Arena che sin dall’ouverture, parecchio pasticciata, ha mostrato di non essere in forma ottimale, esibendo un suono pesante e poco rifinito.
Ninetta era soprano Majella Cullagh, che, nonostante un registro acuto  non perfettamente a fuoco si è ben disimpegnata nella parte. Meno convincente invece  Mario Zeffiri, un Giannetto dalla voce troppo sottile e carente nel registro acuto, mentre Silvia Regazzo, che sostituiva la prevista Elena Traversi nel ruolo di Pippo, ha ben cantato nonostante il registro grave non abbia il peso necessario.
Omar Montanari e Giovanna Lanza hanno interpretato in maniera efficace sia localmente che scenicamente la coppia Fabrizio-Lucia. Veri trionfatori della serata sono stati però i due bassi: Roberto Tagliavini ha delineato un Ferrando dal timbro sicuro e suadente mentre Mirco Palazzi ha superato in modo egregio le non poche agilità che il ruolo di Gottardo richiede.
Al termine, un teatro Filarmonico gremito come non vedevo da tempo, ha salutato questa fine di stagione con applausi convinti, trasformatisi in ovazioni per le due voci di basso e per la bravissima attrice che impersonava la gazza.

Davide Cornacchione 22 aprile 2012