Recensioni - Cultura e musica

La giovane musica del ‘900

Composizioni del XX secolo nel programma della Junge Deutsche Philharmonie al Teatro Filarmonico.

Il settimo appuntamento del Settembre dell’Accademia 2013 ha visto protagonista al Teatro Filarmonico la Junge Deutsche Philharmonie diretta da David Afkham.
Questa formazione, cui possono accedere giovani musicisti provenienti da tutta la Germania, dopo una selezione, è nata nel 1974 con lo scopo di favorire l’inserimento di neodiplomati nel mondo musicale tedesco e, nel corso dei decenni, si è affermata costruendosi un repertorio di grande interesse.

Il programma presentato a Verona era infatti il più originale dell’intera rassegna, tutto incentrato su musicisti del ‘900 e comprendente brani di rara esecuzione.
In apertura abbiamo ascoltato “Lontano” dell’ungherese György Ligeti: una composizione in cui tonalità e struttura vengono completamente abbandonati in funzione di una ricerca timbrica e cromatica. Il suono, costruito su uno schema che Ligeti stesso ha definito “micropolifonia” procede ed evolve molto lentamente, in maniera quasi impercettibile superando qualunque delle forme classiche.
L’orchestra ha dimostrato di disimpegnarsi egregiamente anche in una composizione di tale difficoltà, esibendo tecnica solida e grande compattezza nel suono.
Caratteristiche che hanno caratterizzato anche il secondo brano in programma, ovvero i Vier Letze Lieder di Richard Strauss, interpretati dalla soprano Christiane Oelze.
Ogni difficoltà tecnica è stata superata in maniera impeccabile, dimostrando che la giovane formazione ha raggiunto un livello di preparazione ragguardevole, tuttavia si è avuta la sensazione che, al di sotto della tecnica smagliante, mancassero quei colori e quelle sfumature in grado di rendere appieno il senso della partitura-testamento del compositore bavarese. Probabilmente questo è da attribuire anche alla giovane età del direttore, cui manca ancora l’esperienza per cogliere fino in fondo la profondità di una composizione così complessa.
A questo si è affiancata la prova non pienamente a fuoco della soprano, il cui registro non è sembrato perfettamente adatto a questo repertorio: i suoni erano spesso spinti ed il registro acuto mancava dello smalto necessario.
Decisamente più entusiasmante la resa del Concerto per Orchestra di Bela Bartok che costituiva la seconda parte del programma.
In questo caso compattezza e giovane esuberanza della formazione hanno contribuito ad un’interpretazione coinvolgente e trascinante, terminata con applausi entusiasti da parte del pubblico, cui purtroppo non ha fatto seguito alcun bis.

Davide Cornacchione 26 settembre 2013