Recensioni - Cultura e musica

La malinconia del Titano

Daniel Harding alla testa del Concertgebow dirige una personalissima versione del capolavoro mahleriano

Il concerto più atteso di questa edizione 2009 del Settembre dell'Accademia ha visto impegnata l'orchestra del Concertgebow di Amsterdam, recentemente riconosciuta come la migliore al mondo, diretta da Daniel Harding.
Il programma presentato dal direttore inglese aveva come comune denominatore la Moravia: infatti sia lo Janacek delle Danze Lachiane, sia il Mahler del Titano sono nati in quella regione a pochi anni di distanza l'uno dall'altro.

Interessante quindi confrontare il percorso intrapreso dai due musicisti, nonostante si tratti in entrambi i casi di opere giovanili: mentre Janacek mantiene un saldo legame con le proprie radici, scegliendo di restare in Moravia dove assorbe e rielabora le musiche popolari, Mahler si trasferisce nella cosmopolita Vienna dove subisce gli influssi della musica occidentale per diventarne uno dei principali esponenti.
Harding è musicista tutt'altro che prevedibile e le sue interpretazioni sono spesso estremamente personali (ricordiamo ad esempio il Mozart spigoloso del suo concerto di un paio d'anni fa sempre qui al Filarmonico), ed anche in questo caso si è mantenuto fedele alla sua linea.
Le Danze Lachiane, la cui ricchezza di colori costituisce un banco di prova ideale per saggiare le caratteristiche di un'orchestra, sono state qui caratterizzate da una lettura estremamente sontuosa, che però a tratti è sfociata in una certa pesantezza. Nonostante l'orchestra abbia fornito una prova maiuscola il suono a volte era privo di brillantezza e di smalto, in particolare nei primi due brani. Più riuscita la seconda danza antica, dalle caratteristiche più intimiste, ed anche la danza della sega, caratterizzata da un ritmo teso e deciso nonostante il timbro risultasse sempre un po' opacizzato.
Vero banco di prova della serata era però la prima sinfonia di Mahler, il Titano, nella quale Harding non ha mancato di far emergere la propria personalità. Rinunciando a quella sottile ironia che sovente caratterizza la musica di Mahler, il direttore inglese ha optato per un Titano a tinte cupe, malinconiche, dai grandi contrasti ma allo stesso tempo analizzato fin nel minimo dettaglio.
Il primo movimento è stato un profluvio di colori, ogni particolare è stato cesellato da un'orchestra straordinaria nella resa, che non ha perso mai in nitidezza anche nelle esplosioni più fragorose. Il fatto poi che si trattasse di una lettura estremamente attenta, quasi circospetta, che ne ha ridimensionato in parte la cantabilità, non si è tradotto mai in sterile calligrafismo, tale era la coerenza e la tensione dell'esecuzione. Coerenza che ha trovato la sua chiave di volta nel terzo movimento, raramente ascoltato così "marcia funebre" come in questo caso: dal perfetto crescendo iniziale allo straordinario timbro delle sezioni più gravi degli archi, la trenodia è sfociata nel caleidoscopico quarto movimento sempre interpretato con malinconico struggimento.
La sinfonia è terminata con vere e proprie ovazioni del pubblico sia per il direttore che per l’orchestra, a tutti gli effetti meritevole del riconoscimento di eccellenza recentemente conquistato.

Davide Cornacchione 5 ottobre 2009