Recensioni - Cultura e musica

La musica di Luigi Nono riempie il Teatro Farnese

Il Prometeo ”tragedia dell’ascolto” conclude la stagione operistica

A quasi 20 anni dall’ultima rappresentazione italiana, il Teatro Regio di Parma ha concluso la stagione lirica 2017 con l’esecuzione al Teatro Farnese del Prometeo di Luigi Nono.
Scelta coraggiosa e controcorrente quella di chiudere un cartellone operistico con quella che è l’esatta antitesi di un’opera. Nel Prometeo l’autore ha infatti deliberatamente rinunciato ad ogni componente teatrale e visiva basandosi esclusivamente sul suono.


Lo spettatore viene immerso in uno spazio acustico in cui i suoni non provengono da una sola direzione ma letteralmente lo circondano grazie alla disposizione delle quattro orchestre, ciascuna ad un punto cardinale, e all’opera di spazializzazione sonora compiuta attraverso i live electronics.
Prometeo è quindi “tragedia dell’ascolto” allo stato puro; infatti oltre all’immagine mancano sia il dramma che il racconto, e la stessa parola recitata, su testi di Massimo Cacciari, perde la sua funzione chiarificatrice per trasfigurarsi in fonema astratto.
Anche la musica non prevede un’esecuzione lineare, ma spesso tende a dissolversi, sfaldarsi, o coagularsi in sonorità che vanno da pianissimi ai limiti della percettibilità a fortissimi deflagranti. Tutto è  finalizzato all’idea di tornare ad un “ascolto originario” in cui il suono si fonde con il luogo d’esecuzione, come accadeva originariamente con le musiche di Bach e Gabrieli concepite appositamente per le chiese in cui venivano suonate.

La produzione, che ha richiesto uno sforzo importante da parte del Teatro Regio ha permesso al pubblico di entrare in contatto con una delle partiture fondamentali del nostro passato recente.
L’esecuzione ascoltata a Parma basata sull’edizione critica curata da André Richard e Marco Mazzolini -e sembra strano sentir parlare di edizione critica per una partitura che ha poco più di 30 anni- si è avvalsa della direzione di Marco Angius, uno dei nostri massimi interpreti di musica del Novecento, come abbiamo avuto modo di apprezzare anche nella recente Kát’a Kabanová torinese, mentre I live electronics erano sotto la supervisione di Alvise Vidolin, storico collaboratore di Nono, presente anche alla prima veneziana del 1984.

L’orchestra filarmonica Arturo Toscanini ha seguito con meticolosa precisione le indicazioni del direttore dando prova di grande duttilità.
Impeccabile come sempre anche la prova fornita dal coro del Teatro Regio diretto da Martino Faggiani, delle voci soliste Livia Rado, Alda Caiello, Katarzyna Otczyk, Silvia Regazzo, Marco Rencinai e dei due attori Sergio Basile e Manuela Mandracchia.

Non tutti nel pubblico hanno percepito l’importanza dell’evento, infatti se nel finale gli applausi sono stati convinti e sinceri, più di uno spettatore ha abbandonato il teatro durante l’ora e tre quarti di spettacolo.

Davide Cornacchione 27/05/2017