Recensioni - Cultura e musica

Le donne sovrane indiscusse del Figaro veronese

Verona festeggia il compleanno di Mozart e l’anniversario del suo viaggio in Italia

La stagione artistica 2023 apre con l’opera “Le Nozze di Figaro” che torna al Filarmonico a cinque anni di distanza con una nuova pelle, senza però discostarsi troppo dalla tradizione. Il 27 gennaio è il giorno di nascita di Mozart e la scelta di omaggiare il compositore che 253 anni fa passò nei territori veronesi non è certamente casuale.
La nuova produzione firmata da Ivan Stefanutti è supportata da giovani voci già affermate a livello internazionale, ma al loro debutto sulla scena scaligera. Per scelta di Cecilia Gasdia, Sovrintendente e Direttrice artistica della Fondazione Arena, il cast è un mélange tra nomi già ospitati e altri meritevoli da promuovere.

Il capolavoro indiscusso del giovane salisburghese è spigliato e giocoso, ma non per questo necessariamente privo di spessore psicologico dei personaggi. Mozart infatti deciso a trovare qualcosa di nuovo su cui basare la sua partitura, dopo aver scartato numerosi testi teatrali, scelsee la commedia illuminista di Beaumarchais fondendola con alcuni elementi tipici della tradizione italiana della commedia dell’arte ricavandone uno delle migliori partiture mai scritte. L’uomo cacciatore e seduttore costretto a chiedere perdono e irriso da donne più furbe e più scaltre di lui comunica comunque un certo senso di affettuosità nelle sue umane debolezze.

Nelle nozze di Figaro nessun personaggio prevale sull’altro e risultano tutti coprotagonisti, in una sorta di opera corale nella quale a soli, duetti, quartetti e coro si alternano.
Ottima prova per tutte le donne. Sara Blanch è stata una Susanna elegantissima, a dimostrazione che l’essere serva non significa necessariamente essere semplice. Il soprano ha sfoggiato un’impeccabile linea di canto dall’inizio alla fine dello spettacolo guadagnandosi calorosi applausi da parte del pubblico sia nell’Aria “Venite inginocchiatevi” sia nel duetto con Cherubino (Chiara Tirotta) “Aprite presto aprite”. Il divertente ruolo en travesti è stato ricoperto con grande padronanza tecnica e recitativa e nell’arietta “Voi che sapete che cosa è amor” pareva quasi di veder cantare un putto di Raffaello. Brava e cautamente maliziosa anche Barbarina (Elisabetta Zizzo).
I ruoli maschili, al contrario, sono sembrati a tratti meno convincenti rispetto a quelli femminili. Giulio Matrototaro, nella parte di Figaro, ha fin da subito esibito una voce squillante e ben timbrata anche se in alcuni casi peccava di incisività. Applauditi Alessando Luongo e Gilda Fiume rispettivamente nei ruoli del conte e della contessa d’Almaviva. Il baritono ha recitato con cauta spregiudicatezza il suo ruolo di tombeur de femmes, esibendo un buon fraseggio.

La scenografia di Filippo Tadolini è semplice e ben si adatta a tutti gli atti: due grandi porte su ciascun lato e un fondale multiuso utilizzabile secondo le varie esigenze. Il rosa confetto tinge la camera da letto della contessa trasformandola in una bomboniera. Il lampadario del terzo atto dà un tocco di classe e raffinatezza speciali. I costumi storici di Stefano Nicolao sono tutti splendidi, specialmente quelli del Conte, di Susanna e di Barbarina.
Sul podio il maestro Francesco Ommassini si è esibito in una direzione ovattata nella quale faticavano ad emergere la brillantezza tipica dell’opera buffa della tradizione italiana e di adozione mozartiana.

Al termine l’opera è stata accolta da un caloroso successo da parte di un teatro quasi al completo e, cosa da non sottovalutare anche per il futuro, con tanti giovani tra il pubblico.