Recensioni - Cultura e musica

Le splendide regine della “Stuarda”

Mariella Devia e Sonia Ganassi trionfatrici assolute nella ripresa del titolo donizzettiano al Teatro Filarmonico

Pur non rientrando a pieno titolo tra i capolavoro assoluti di Donizetti, Maria Stuarda è un titolo che gode di una certa frequentazione all’interno del repertorio operistico. Se infatti i primi due atti e parte del terzo possono essere classificati come frutto di valido mestiere, all’interno del quale è comunque incastonata qualche gemma particolarmente felice, la musica dell’ultima scena, ovvero metà del terzo atto, è di rara ispirazione ed altrettanta efficacia. Di fronte ad un finale così si è quindi soliti sorvolare su quanto prima è potuto sembrare frutto di mano non eccelsa.

È quindi chiaro che un titolo siffatto funziona solo se le due protagoniste, ovvero Maria Stuarda  ed Elisabettta I, sono impersonate da due interpreti di prim’ordine. Circostanza che si è puntualmente verificata in questo allestimento del Festival Donizetti di Bergamo ripreso dalla Fondazione Arena in chiusura della stagione invernale al Teatro Filarmonico.
Il ruolo del titolo era interpretato da una superba Mariella Devia, la cui eccellente forma vocale è l’ennesima prova di quanto una scelta intelligente dei ruoli nel corso della propria carriera sia fondamentale per un cantante. Un fraseggio ricco e sfumato e  acuti sicuri e svettanti hanno contribuito alla realizzazione di una Maria che ha letteralmente dominato ogni singola nota, ottenendo un indiscutibile successo personale.
Sua degna “rivale” era la magnifica Elisabetta di Sonia Ganassi: squillo potente ed impeccabile controllo delle agilità sono state le armi vincenti di una regina spavalda e proterva da un lato ma allo stesso tempo passionale e partecipe nei passaggi più intimi con Leicester.
Adeguato il settore maschile a partire dal Roberto di Dario Schmunck, appropriato nel fraseggio e convincente nella resa del personaggio, pur distaccato di parecchie lunghezze dalle due fuoriclasse.
Ottimo per  emissione e linea di canto il Talbot del giovane Marco Vinco, il cui timbro sembra irrobustirsi e definirsi sempre meglio nel registro grave mentre a volte si è avuta l’impressione di qualche nota acuta non perfettamente coperta.
Convincenti Gezim Myshketa (Cecil) e Diana Mian (Kennedy).
Alla testa dei complessi della Fondazione Arena il giovane Sebastiano Rolli ha optato per una lettura dalle dinamiche molto accese e dai forti chiaroscuri che però, oltre a creare qualche difficoltà  a orchestra e coro, non si è risolta in un’interpretazione perfettamente compiuta.
La scenografia firmata da Giulio Magnetto si basava su un grande cubo che fungeva da prigione di Maria e su cui poggiava il trono di Elisabetta, intorno al quale la regia di Federico Bertolani faceva muovere in maniera assolutamente prevedibile i protagonisti ed inchiodava a mo’di oratorio il coro.
Al termine applausi convinti per tutti con meritatissime ovazioni alle due protagoniste da un Filarmonico finalmente gremito. 

Davide Cornacchione 10 aprile 2014