Recensioni - Cultura e musica

Lucia di Lammermoor, opera romantica per eccellenza

Il capolavoro donizzettiano rappresentato nello storico allestimento Brockhaus-Svoboda

Torna a Cremona, dopo non molti anni di assenza, Lucia di Lammermoor in un lavoro registico del tedesco Brockhaus. Grandi aspettative, un po’ affievolite dall’eco dai precedenti debutti,  che lasciano comunque il pubblico cremonese non insoddisfatto.
Lucia di Lammermoor il più famoso tra i titoli seri di Donizetti è un'opera in tre atti  su libretto di Salvatore Cammarano, tratto da The Bride of Lammermoor (La sposa di Lammermoor) di Walter Scott.La prima assoluta ebbe luogo al teatro San Carlo di Napoli il 26 settembre 1835: nei ruoli dei protagonisti figuravano Fanny Tacchinardi (Lucia), Gilbert Duprez (Edgardo) e Domenico Cosselli (Enrico). In seguito lo stesso Donizetti curò una versione francese che andò in scena al Théâtre de la Renaissance di Parigi il 6 agosto 1839.
Interessante la regia che fonde affascinanti scene proiettate su di una “barriera di roccia” richiamando le varie emozioni che tale opera suscita: innocenza, vendetta e morte. Viaggiano nei nostri sguardi un mare tempestoso, margherite di campo, mare sanguigno e alberi: icone  che non hanno pienamente convinto la critica ma che possono essere ben inserite in un’opera cosi invasa di forti sentimenti. Semplici e belli i costumi (Svoboda, rivisitati da Leonori). Buona la coordinazione del direttore d’orchestra, Matteo Beltrami, che con mano sicura, nonostante alcune imprecisioni orchestrali (orchestra de I pomeriggi musicali) e volumi a volte eccessivi, ha ben condotto lo spettacolo. Peccato per l’assenza del flauto nel “duetto” tra Lucia e l’arpa nella scena della pazzia. Coro non sempre pronto ma in grado di sostenere i non facili brani (salvo alcuni inciampi nel primo atto).
Per quanto riguarda il cast vocale: Lucia (Ekaterina Bacanova) ha sfoggiato una buona estensione, andando a incorniciare diversi brani. Buona la “sfida” della scena della pazzia piena di follia e visioni e con un inizio registicamente accattivante: il cadavere del neodefunto sposo che rotola rovinosamente sulla scalinata. Poche sporcature legate, probabilmente, ad una voce affaticata. Una Lucia apprezzata anche se lontana da certe Lucie “storiche” del panorama lirico. Alessandro Scotto di Luzio (Edgardo) è apparso poco passionale e dalla vocalità troppo “morbide” per essere un convincente innamorato/eroe, nonostante il timbro musicale ed omogeneo. Serban Vasile è stato un Enrico debole di volume troppo (scomparso nel sestetto ma spesso coperto eccezion fatta per qualche passaggio non proprio immacolato (Normanno),  la prova è fondamentalmente piaciuta al pubblico ma ha lasciato la critica un po’ perplessa. Auguriamo comunque una buona circuitazione alla Lucia di Lammermoor in coproduzione dei Teatri del Circuito Lirico Lombardo (Ponchielli di Cremona, Grande di Brescia, Sociale di Como, Fraschini di Pavia; della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, Teatro dell’Aquila di Fermo, del Teatro Coccia di Novara e Teatro Alghieri di Ravenna.
 Claudio Giacoboni  6 dicembre 2012