Recensioni - Cultura e musica

Lucia donna del mare

Una lettura moderna della Lucia di Lammermoor in scena al Teatro regio di Parma

Secondo appuntamento della stagione lirica 2009 del Teatro Regio di Parma è stata la Lucia di Lammermoor di gaetano Donizetti, qui riproposta nell'allestimento del Teatro Lirico di Cagliari curato dal regista Denis Krief, autore anche di scene e costumi, vincitore del Premio Abbiati nel 2000.
Per questa Lucia Krief ha scelto una lettura  in chiave militaresca, trasferendo l’azione in un’ipotetica caserma di metà Ottocento.  Il luogo d’azione è stato di conseguenza ridotto ad un ambiente spoglio, quasi asettico, in cui il terreno scozzese era reso attraverso i colori del ferro arrugginito e dell'ardesia, illuminati da luci fredde e radenti.

. La scenografia si limitava a due grandi pareti, poste in prospettiva accidentale rispetto al pubblico, che in alcuni casi fungevano da schermi per videoproiezioni, tra cui si identificavano nuvole, lampi e soprattutto il mare. Proprio questa forte presenza del mare, cui andava aggiunta l’ambientazione gelidamente nordica,  mi hanno ricordato  nella suggestiva scena del primo atto tra Lucia ed Edgardo, l’incontro tra Ellida e lo straniero nella “Donna del mare” di Ibsen, in una sorta di ideale collegamento tra differenti visioni di infelicità coniugale.
Krief è quindi riuscito a costruire un impianto registico solido e coerente, nonostante Lucia, come d'altronde buona parte dei titoli di repertorio belcantistico, offra pochi spunti ad una messinscena che voglia approfondire il lavoro sugli interpreti, data la massiccia presenza di lunghe arie che ne diluiscono notevolmente lo sviluppo drammaturgico.
D’altronde è risaputo che quando ci si confronta con opere di questo genere la differenza la fanno le voci, che in questa occasione si sono rivelate decisamente all’altezza della situazione.
Il ruolo del titolo era sostenuto da una straordinaria Désirée Rancatore, che ha sfoggiato una tecnica pressoché perfetta, unita ad un’interpretazione estremamente coinvolgente: non solo grande padronanza nelle ardue agilità, ma anche una notevole partecipazione emotiva, le sono valse una meritatissima ovazione al termine della scena della pazzia.
Subentrato in extremis a sostituire l’indisposto Roberto Aronica, il tenore Stefano Secco è stato un Edgardo  dal timbro squillante e dalla grande facilità nell’acuto,  dimostrando quanto questo tipo di vocalità e questo repertorio siano nelle sue corde.
Buona la prova di Gabriele Viviani nel ruolo di Enrico, nonostante qualche incertezza nei passaggi più concitati delle cabalette.
Voce di basso ancora giovane ma dotata di un timbro pieno e corposo quella di Carlo Cigni, che si è ben distinto nel ruolo di Raimondo.
Stefano Ranzani, alla testa dei complessi del Teatro Regio,  ha concertato con proprietà, riuscendo a trarre dall'orchestra una ricca tavolozza di colori, non arrivando però mai ad offrire una lettura che apparisse veramente ispirata e trascinante. Alla fine l'impressione avuta è stata quella di un corretto e diligente accompagnamento dei cantanti.
Al termine il pubblico che esauriva il teatro ha applaudito entusiasticamente tutti gli artefici di uno spettacolo di indubbia qualità

Davide Cornacchione 1 aprile 2009