Il pianista russo si esibisce a conclusine del Festival Verdi di Parma
Grigory Sokolov è una figura abbastanza anomala nell’attuale panorama musicale. Nonostante sia infatti uno dei massimi pianisti a livello internazionale si tiene rigorosamente lontano dal mondo dello star system, evita la sala d’incisione (i pochi cd che si trovano sul mercato sono tutti rigorosamente live), ed anche l’approccio che ha nei confronti delle sue esibizioni è abbastanza particolare.
Una volta definito il programma questo rimane immutato per alcuni mesi, viene provato quotidianamente nella sala del concerto, a volte anche sino a pochi minuti prima dell’apertura delle porte al pubblico, ed una volta terminata la sezione “ufficiale” iniziano i bis, di solito sei, che per scelta dei brani e durata complessiva si possono considerare a tutti gli effetti una terza parte del concerto.
Anche l’approccio nei confronti del pubblico è altrettanto singolare: sin dal suo ingresso in scena Sokolov appare già immerso nella sua musica ed il rito dell’inchino prima di iniziare a suonare sembra quasi un atto dovuto, una semplice formalità della quale probabilmente farebbe anche a meno.
Ricordo a questo proposito un concerto a Brescia in cui eseguì di seguito tre sonate di Beethoven, chiedendo espressamente al pubblico di applaudire soltanto alla fine dell’ultima.
Questo atteggiamento rende ogni sua interpretazione quasi ascetica, sicuramente molto meditata e assolutamente personale, oltre che straordinaria, qualunque sia il compositore affrontato.
Prova di tutto ciò l’abbiamo avuta nel recente concerto al Teatro Regio di Parma, in occasione del Festival Verdi, in un programma che spaziava da Bach a Chopin, passando per Beethoven, per tacere dello Schubert dei bis.
Il suo Bach della Partita numero 1 è leggero, immediato, quasi la musica sgorgasse spontanea dalla tastiera. Non vi è alcuna sensazione di forzatura, la simmetria e l’apparente semplicità dello spartito vengono esaltate da un’interpretazione misurata e cristallina.
Più meditate la settima Sonata di Beethoven e la terza di Chopin; quest’ultima eseguita con tempi leggermente più dilatati rispetto a quanto siamo abituati ad ascoltare. Tutto però appare logico e naturale, perché questa è la musica di Sokolov. Ogni nota di questa musica nasce da un profondo pensare e sentire e da una tecnica ineccepibile. Nulla è casuale, tutto è perfettamente consequenziale e già dai primi attacchi ci si sente immersi in una realtà sonora che soggioga e conquista.
Grigory Sokolov, un pianista “asceta”, sulla scia dei Benedetti Michelangeli e dei Richter, che fortunatamente ama concedersi al pubblico in numerose tournée confermandosi come uno dei più grandi talenti del nostro tempo.
Davide Cornacchione 3 novembre 2014