Recensioni - Cultura e musica

Mantova: Il Buonarroti di Šostakóvič

Leonardo Zunica e Frano Lufi hanno cesellato la la Suite op. 145 su versi di Michelangelo del compositore russo.

Si è inaugurata nel segno dell’eccellenza mantovana, con un intenso viaggio nell’estremo territorio creativo di Dmítrij Šostakóvič che ha visto protagonisti il pianoforte di Leonardo Zunica e la voce di Frano Lufi, la rassegna cremonese di Spazionovecento. Giunta alla sua quarantaseiesima edizione, questa piccola stagione di delizie curata da Wim Janssen e da Gabrio Taglietti – quest’ultimo per tanti anni docente della cattedra di composizione al Conservatorio Campiani – è da sempre illuminato osservatorio sul patrimonio musicale del XX secolo, nonché occasione di esplorazione condivisa dei suoi molteplici linguaggi.

La giornata di giovedì 27 novembre si era aperta con un convegno, a cui lo stesso Zunica aveva preso parte, organizzato presso il Dipartimento di Musicologia e Beni culturali, sulla tematica “Per un nuovo ascolto: tematiche e problematiche della musica d’oggi”. Nel pomeriggio, presso la Sala della Camerata, il pianista mantovano ha offerto il laser inesorabile della sua smagliante tela strumentale alla voce del basso, nato in Albania ma da molto tempo virgiliano d’adozione, per ordire un toccante omaggio, nel cinquantesimo dalla morte, al compositore vissuto nella morsa della censura staliniana. Sul leggio, interpretate da un efficace Massimiliano Pegorini nella veste primigenia della lingua italiana, a giganteggiare erano le undici liriche che compongono la Suite op. 145 su versi di Michelangelo Buonarroti. Cristalli di desolata poesia stretti nelle maglie di un contrappunto severo, ma soprattutto lacerti petrosi di una bellezza ferita eppure ancora implorante, abitata da un dolore senza eroismi, di un pianto senza lacrime. Ai due interpreti, salutati con lunghi applausi dal pubblico che riempiva la sala, il merito di aver scandagliato un così affascinante abisso proteso sul mistero dell’esistenza, sugli interrogativi che da sempre vedono fronteggiarsi, e intrecciarsi, l’impulso alla vita e il senso della morte. Una costellazione di undici stelle, amaramente vere, eternamente attuali, come senza tempo è la poesia di pietra di Buonarroti.