Recensioni - Cultura e musica

Mantova: Il Catalogue d’Oiseaux di Ciro Longobardi

La singolare opera di Olivier Messien al Festivaletteratura

Dal mattino alla notte. Un’esperienza immersiva, totalizzante, come l’ha definita lo stesso organizzatore Leonardo Zunica, collocata non in una sala da concerto ma nel cuore verde di Parcobaleno, a Mantova, là dove la natura pulsa e vibra smarginata. Sfida per l’interprete non meno che per l’ascoltatore - un pubblico che si è fatto via via sempre più numeroso, nonostante la marginalità del luogo e la concomitanza con le ultime ore di Festivaletteratura -, quella dell’integrale del Catalogue d’Oiseaux di Olivier Messiaen rappresenta, già sulla carta, un vertice assoluto nella programmazione della città, occasione per incontrare senza filtri né tagli una delle pietre miliari della letteratura del Novecento. Sette libri, tredici ritratti di uccelli “catturati” nella loro essenza identitaria nel corso di un’intera vita. “I più grandi maestri”, li definiva Paul Dukas. E da lui, l’allievo Messiaen avrebbe tratto l’ossessivo, instancabile desiderio di trascrivere su pentagramma il miracolo del creato nelle sue più articolate manifestazioni.

Viaggi su viaggi nelle province francesi, taccuino e registratore alla mano, ma soprattutto un’incessante disposizione all’ascolto, alla scoperta, alla rivelazione. Gracchi alpini, rigogoli, poiane, passeri solitari, allocchi, monachelle, chiurli. Da quell’osservatorio, la musica e il panorama sonoro si dilatano a dismisura. I confini saltano, e così la grammatica dei suoni che finisce per accogliere nuove istanze, piegando l’arte all’immenso libro del creato. Uccelli come solisti in una polifonia di voci in cui sono i suoni di una natura panica, non di rado aspra e violenta, a fare da contrappunto. Rocce e scogliere, dirupi, folate di vento tra le fronde, canti rauchi intrecciati a silenzi cosmici, ombre che si allungano su più inquietanti versi, ad annunciare la notte. Da anni, con incrollabile rigore scientifico scaldato da un’abnegata dedizione, Ciro Longobardi conduce in Italia una valorosa, pacifica battaglia nel portare al pubblico italiano, da sempre intimorito quando si tratta di confrontarsi con proprio tempo, il patrimonio musicale del XX secolo, dalle avanguardie al più stringente presente indicativo. Una crociata di incrollabile fede nella parola musicale a fondare una più autentica consapevolezza individuale e civile; un atto che non rinunciamo a definire politico.

Lo scorso 10 settembre, con un assaggio mattutino attraverso i primi quattro ritratti e con una più ampia arcata serale, Longobardi ha dipanato l’universo che Messiaen condensa in ogni profilo, in una tensione narrativa che la risonanza naturale della cornice amplificava con straordinaria forza. Ad affiorare, condotta in superficie con sorvegliata misura e con una lucidità tanto strumentale quanto interpretativa che consentiva di intuire, di questo testo sacro, anche quell’armatura carsica di riferimenti, simbolismi, sinestesie che costituiscono il palinsesto poetico dell’affresco, era una lussureggiante biodiversità sonora, un patrimonio che, tassello dopo tassello, prendeva forma e fisionomia. Rabdomante pudico e inesorabile, tra epifanie, richiami, segnali, l’interprete ha condotto l’uditorio in un autentico scandaglio nel fitto della materia sonora, alla ricerca di una bussola, di un segno, disegnando di fatto una sorta di cartografia segreta del mondo attraverso le sue creature più vicine a Dio. Applausi vivi all’interprete e a Davide Aldi, prezioso contrappunto alla musica con introduzioni ornitologiche.