Recensioni - Cultura e musica

Martina Franca: Il Festival della Valle d'Itria rinasce con La Creazione

L'oratorio di Haydn diretto da Fabio Luisi ha inaugurato l'edizione 2021

La sfida per tante istituzioni culturali è quella di riavviare le attività in sicurezza, dopo la pausa forzata del 2020. Il Festival della Valle d’Itria che, per inciso, nel 2020 non è stato del tutto inattivo, ha voluto riappropriarsi del suo spazio naturale, quel cortile del Palazzo Ducale di Martina Franca che ha dovuto sacrificare la vecchia Galleria, le panche soprelevate che costituivano un vero e proprio loggione, soprattutto per il pubblico di appassionati che lo frequentava, per ottemperare alle prescrizioni di legge in materia di distanziamento. Intatta invece la magia della musica e la ricerca delle opere poco note, con un filo rosso che lega i napoletani Scarlatti e Porpora alla Vienna di Haydn e Schubert. L’oratorio La creazione del compositore ha costituito senza dubbio l’evento più atteso del Festival. Ce lo ricorda anche il titolo dato alla rassegna, Fiat lux, accompagnato dalla riproduzione del mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto, uno dei simboli artistici più noti della Puglia, giusto un gradino più basso di Castel del Monte, della Cattedrale di Trani e di Monte S. Angelo, che ha resto visibile ovunque, dai manifesti alle magliette, la cifra del Festival.

Un’iconografia di rinascita per un’opera che simboleggiasse la rinascita: Dio che crea il mondo che noi conosciamo, che dà forma ad un modo ordinato dal caos primordiale, è un archetipo efficace in tempi di rinascita della cultura dopo mesi di chiusura. La perizia dell’orchestra della Fondazione Petruzzelli e l’altrettanto decisa e consapevole bacchetta del Maestro Fabio Luisi ha reso appieno la gratitudine dell’uomo (e cristiano) Haydn verso quel Dio bambino dalle sembianze androgine, quasi coccolato affettuosamente dagli arcangeli Uriele, Gabriele e Raffaele, che dal buio crea la luce e tutti gli esseri viventi. Estremamente suggestive le scelte della regia di Fabio Ceresa: il coro quasi invisibile, nascosto nelle torri laterali della scenografia (Tiziano Santi), le figure geometriche complesse a marcare i giorni della creazione. La componente visiva (la coreografia di Mattia Agatiello) non ha tolto attenzione alla musica, con l’unica eccezione di quel momento finale in cui i costumisti Gianluca Falaschi e Gianmaria Sposito hanno vertiginosamente rivestito il Dio-adolescente di tutti i rivestimenti delle iconografie a noi note. In un’opera di coro e orchestra, più che di solisti, non hanno sfigurato le voci di Rosalia Cid, Vassily Solodkyy ed Alessio Arduini, così come l’Adamo e l’Eva, di Jan Antem e Sabrina Sanza, pur in una parte poco significativa.
Un pubblico immerso in quest’insolita iniezione di fede e gratitudine verso il Creato in un afosissimo sabato di fine luglio è stato il migliore riconoscimento della riuscita nella scelta dell’oratorio e della sua messa in opera.