Recensioni - Cultura e musica

Meritato successo per un allestimento da ricordare

Simon Boccanegra al Regio di Parma

Del Simon Boccanegra Verdi disse che era opera “triste perché deve essere triste”. Anche Brahms, pur apprezzandone la ricchezza musicale, ne bollò il libretto con un laconico “non ci si capisce nulla”. Eppure il Simon Boccanegra in scena fino al 3 aprile al Regio di Parma sembra superare senza difficoltà questi limiti mettendo in luce gli aspetti migliori dell’opera. Grazie alla straordinaria interpretazione di Leo Nucci, alla classe di Francesco Meli e all’ottima prova di Rafal Siwek, l’attenzione si sposta sulla complessità morale dei personaggi. Allo stesso modo, l’attenta direzione del maestro Daniele Callegari permette di apprezzare la raffinatezza dei dettagli musicali di quest’opera che si giova delle revisioni apportate da Verdi per l’edizione del 1881.

La regia di Giorgio Gallione e le scene di Guido Fiorato collocano con decisione l’azione nella Genova del XIV secolo, secondo i dettami del libretto, ma non rinunciano ad inserire simboli che si intrecciano con la tessitura musicale del dramma. Fra tutti, il mare accompagna le vicende dell’opera, inonda la partitura, e si staglia sullo sfondo delle scene con le sue tinte fosche e la sua presenza incombente.

Leo Nucci ha sfoderato l’ennesima grande prova, riuscendo a unire alla sapiente esecuzione vocale la sua indiscutibile capacità di scavare nell’animo dei personaggi verdiani. Il suo Simon è a un tempo fiero condottiero, doge inflessibile ma capace di perdono, e padre amorevole. Nell’interpretazione di Nucci, insomma, si verifica la saldatura drammaturgica di un libretto altrimenti incapace di garantire l’identificazione del pubblico alla vicenda. La sua “Plebe! Patrizi! Popolo!” ha trascinato il pubblico verso i lunghissimi applausi che hanno accompagnato la chiusura del primo atto.

Francesco Meli ha incantato nuovamente il pubblico di Parma con la sua voce chiara e dal bellissimo timbro, con i suoi acuti potenti e il fraseggio raffinato. La sua interpretazione di Gabriele Adorno riesce a portare in luce un personaggio altrimenti di secondo piano nelle vicende politiche che dominano la trama. La sua “Sento avvampar nell’anima” strappa lunghi applausi a scena aperta e non fa avvertire il calo di tensione che caratterizza quest’opera dopo la grande scena del consiglio alla fine del primo atto.

Fiero e implacabile è stato lo Jacopo Fiesco di Rafal Siwek che ha sfoderato una voce potente e cupa in un’ottima interpretazione del ruolo. Buone anche le prove del soprano Tamar Iveri nel ruolo di Maria e del baritono Simone Piazzolla nel ruolo di Paolo Albiani. Di grande precisione e intensità è stata la prova del coro diretto da Martino Faggiani.

Al calar del sipario, il teatro ha tributato lunghissimi applausi mostrando di aver apprezzato le diverse sfaccettature di un allestimento da ricordare.

Tommaso Lavegas (02/04/2010)