Recensioni - Cultura e musica

Mezza Aida di classe

Interpreti di grande valore per una replica del titolo verdiano in Arena che un temporale ha interrotto al termine del secondo atto.

L’inizio della stagione areniana 2009  non ha potuto contare sui favori di Giove Pluvio: infatti dopo l’acquazzone che ha funestato la prima rappresentazione di Carmen, il maltempo ha impedito la conclusione anche della terza replica di Aida, mandando tutti a casa sulle prime battute del concertato finale del secondo atto.

Peccato, perché quello che avevamo avuto modo di sentire fino a quel momento lasciava presagire uno spettacolo di notevole livello e, nonostante i più si siano sentiti appagati dall’aver comunque potuto assistere alla scena del trionfo, è risaputo che musicalmente sono gli ultimi due atti i più interessanti.
Il punto di forza di questo allestimento era costituito dalla coppia protagonista,  ovvero una Daniela Dessì ed un Fabio Armiliato che si sono ancora una volta dimostrati interpreti di grande levatura.
Nonostante il “Celeste Aida” sia aria insidiosa, poiché affrontata a voce fredda, Armiliato  ha sfoggiato sin da subito una voce duttile e ben timbrata, sostenendo in modo impeccabile tutto il primo atto sino all’”Immenso Ftah” conclusivo.
Di pari valore l’Aida di Daniela Dessì, la cui aria “Ritorna vincitor”  ha sortito applausi calorosi e convinti grazie ad una voce solida e sicura unita ad un’interpretazione estremamente coinvolgente. Resta a questo punto il rimpianto per il mancato “O cieli azzurri”.
Giorgio Surjan, nel ruolo di Ramfis, ha confermato ancora una volta di essere uno dei migliori bassi attualmente sulle scene, mentre dell’Amonasro di Ambrogio Maestri abbiamo potuto ascoltare solo una veemente interpretazione di “Quest’assisa ch’io vesto”.
Qualche perplessità invece ha suscitato l’Amneris di Tichina Vaughn, dal timbro un po’ ingolato e dall’emissione non sempre perfetta. V’è da dire però che, non avendo potuto ascoltarla nel quarto atto, il giudizio non può che essere parziale.
Daniel Oren, ormai veterano del podio areniano ed in particolare di questo titolo, ha diretto con sicura professionalità un’orchestra in buona forma, seppur non esente da qualche imperfezione e qualche scollatura con il coro.
Dal punto di vista scenico questa produzione riproponeva l’allestimento creato da Ettore Fagiuoli nel 1913 e che dagli anni ’80 si può dire sia divenuto il marchio dell’Arena. Senza entrare ancora una volta nel dettaglio, bisogna riconoscere che questa Aida, nonostante i quasi cento anni di età, si dimostra sempre capace di forti suggestioni. Nonostante l’impianto scenico sia di gusto molto oleografico e tradizionale, e  la regia  di Gianfranco De Bosio si limiti a riempire gli spazi ed a far entrare ed uscire le masse, si tratta ancora di uno spettacolo in grado di battere ai punti molte produzioni moderne cui abbiamo assistito negli ultimi anni.
A questo punto non ci resta che sperare in un nuovo allestimento altrettanto valido e, forse, altrettanto longevo.

Davide Cornacchione 28/06/2009