Recensioni - Cultura e musica

Musiche del ‘900 per la London Symphony Orchestra

Tra le proposte di altissimo valore che si stanno via via succedendo all’interno di questo “Settembre dell’Accademia” di particola...

Tra le proposte di altissimo valore che si stanno via via succedendo all’interno di questo “Settembre dell’Accademia” di particolare attesa godeva il concerto che ha visto la London Symphony Orchestra guidata dal suo attuale direttore musicale Sir Colin Davis. Tale attesa è stata ripagata da un concerto invero non facilissimo per scelta di brani ma che ha dato prova di come questa compagine possa annoverarsi a pieno titolo tra le migliori orchestre a livello mondiale.
La prima parte si è aperta con l’ultima sinfonia di Jan Sibelius, ovvero la Sinfonia n. 7 in do maggiore datata 1924. Composizione appartenente al periodo successivo al raggiungimento dell’indipendenza da parte della Finlandia, questa sinfonia si caratterizza per il tono calmo e rasserenante, decisamente in contrasto con le correnti musicali presenti in Europa in quell’epoca che considerando il genere sinfonico ormai in declino presentavano lavori ricchi di contrasti e profondamente eclettici, basti pensare a Mahler o alla Seconda Scuola di Vienna. Sibelius al contrario, impegnato nel creare un linguaggio musicale per una nazione che stava proprio allora nascendo, anziché rompere con la tradizione prosegue il suo processo di rinnovamento delle tematiche tardoromantiche ricorrendo ad atmosfere sempre più liriche e rarefatte con momenti di ampio respiro. La London Symphony ha dato prova di grandi morbidezza e duttilità nello stemperare le sonorità evanescenti dell’unico movimento che caratterizzano questa partitura.
Il successivo brano in programma è stata l’Opera concertante per corno inglese e orchestra “The World’s Ransoming” dello scozzese James MacMillan, scritta nel 1996 su commissione dell’orchestra medesima. Composizione eclettica in cui lirismo del corno inglese, suonato in modo ineccepibile dalla solista Cristine Pendrill, ha una funzione di raccordo tra i vari momenti orchestrali che alternano passaggi raccolti ad altri estremamente bruschi e dinamici grazie anche ad un uso pressoché costante delle percussioni. Straordinaria la resa di ogni singolo gruppo orchestrale, in particolare degli archi che dovendo spesso sostenere dei lunghi pedali in pianissimo hanno dato prova di una nitidezza e di una espressività raramente udibili. Penso siano pochissime al mondo le formazioni in grado di eseguire un brano di tale difficoltà in modo altrettanto preciso ed efficace.
L’ultima composizione, la più conosciuta del programma, era la Sinfonia n. 9 in mi minore “Dal Nuovo Mondo” di Antonin Dvorak presentata in un’esecuzione eccellente e rigorosa e ricchissima di colori. Impagabile il secondo movimento, partendo dal tappeto sonoro che faceva da cornice all’esposizione del tema da parte dell’oboe sino allo sviluppo, in cui in una lettura ricchissima di sfumature i piani sonori dei vari strumenti, pur mantenendo nitidezza ed unicità, erano perfettamente fusi in un “unicum” sonoro di straordinaria compattezza. D’altra parte nei due movimenti conclusivi, pur restando inalterate le componenti espressive e la perfetta calibratura dei suoni, è forse mancato quel guizzo di vitalità, in particolare nello scherzo che mi è sembrato un po’ troppo composto, capace di cogliere sino in fondo lo spirito profondamente moderno ed innovativo della partitura. Al termine applausi calorosissimi e meritatissimi da parte di un teatro esaurito in ogni ordine.

Davide Cornacchione 19/09/2003