Recensioni - Cultura e musica

Musorgskij e Gershwin al Parco della Musica a Roma

Tarmo Peltokosky incanta il pubblico con un'esecuzione avvincente

Con la direzione Tarmo Peltokosky, Alexandre Tharaud al pianoforte, il basso Giorgi Manoshvili e la partecipazione del Coro e delle Voci Bianche dell’Accademia di Santa Cecilia, grande concerto con Una Notte sul Monte Calvo (versione da Il sogno di Gric'ko, dall’opera La Fiera di Soročincy) di Modest Musorgskij, Rapsodia in blu di George Gershwin e Quadri di una esposizione di Modest Musorgskij.

Un concerto davvero spettacolare quello tenutosi all’Auditorium Parco della Musica di Roma sabato 27 aprile 2024. Abbiamo assistito all’esecuzione di tre pezzi di grandissimo interesse musicale, eseguiti in modo impeccabile e travolgente. Il pubblico ha applaudito a lungo ciascuno dei tre brani. Ci sono stati anche dei bis.

Ha aperto il concerto un'edizione molto interessante della celeberrima Notte sul Monte Calvo di Modest Musorgskij. Si tratta della versione che il grande compositore russo inserì nell’opera La Fiera di Soročincy nell’intermezzo intitolato Il sogno di Gric'ko (o anche Il sogno del giovane paesano), aggiungendo un coro a quattro voci, un coro di voci bianche e una voce di basso (uno dei personaggi dell’opera appunto). Il brano risulta potenziato da queste modifiche di natura operistica: l’inserimento di parti vocali rende ancora più potente il quadro drammatico dipinto dalle note. Le tinte fosche e quasi violente del coro, soprattutto nelle parti dei soprani e dei contralti, si pongono in antitesi con le voci bianche, rendendo ancor più efficace l’idea drammatica della contrapposizione tra streghe e demoni e le loro vittime predilette. Buona l'interpretazione del basso Giorgi Manoshvili che assiste impotente al disordine del sogno alternandosi al coro. Il brano originale è stato adattato in modo impeccabile al concerto da Vissarion Sebalin, che ha saputo rendere la grande energia di questo brano anche in questa versione.

La direzione sicura ed efficace del direttore Tarmo Peltokosky ha poi saputo portare l’esecuzione complessiva del brano ad un livello davvero coinvolgente. L'apprezzamento del pubblico è stato generale, con un lungo applauso al termine del brano stesso.

Il secondo brano eseguito è stata la Rapsodia in Blu di George Gershwin, un brano celeberrimo composto a soli 26 anni attorno al 1924. Inizialmente intitolata American Rhapsody, fu successivamente ribattezzata come Rhapsody in Blue e mantenne questa denominazione. La direzione di Tarmo Peltokosky e la bravura del giovane pianista Alexandre Tharaud sono stati un mix davvero straordinario in questa esecuzione brillante ed entusiasmante. La sala del concerto è stata proiettata indietro ai primi del novecento con le sonorità, i ritmi, i temi che Gershwin, ispirato dalla sua realtà contemporanea, ha inserito nella composizione.

È stata molto efficace la contrapposizione tra pianoforte e orchestra tipica di questa composizione, valorizzata dalla grande interpretazione del pianista che ha saputo rendere tutte le sfumature ritmiche e stilistiche dell’atmosfera di inizio ‘900, con una tecnica esecutiva decisa e coinvolgente. Ha saputo affrontare anche gli aspetti virtuosistici tipici di questa partitura, con una leggerezza e una sicurezza che hanno davvero impressionato.

Un crescendo sfavillante tra orchestra e pianoforte che ha coinvolto il pubblico in sala fino al finale travolgente: il lungo applauso a fine del brano è stato così caloroso che il pianista ha improvvisato ben due bis suonando due brani solistici.

Dopo l’intervallo è stata eseguita invece la celeberrima suite Quadri di una esposizione di Modest Musorgskij (Ricordo di Viktor Hartmann per riprendere il titolo completo). La celebre suite, inizialmente composta nel 1874 per pianoforte dal grande compositore russo e dedicata al pittore e architetto russo Viktor Hartmann, fu poi trascritta per orchestra prima da Nicolaj Rimsky- Korsakov nel 1866 e poi successivamente da Maurice Ravel nel 1922. La versione universalmente più nota è proprio quella di Ravel.

L’incipit della famosa Promenade ha subito definito il livello elevato dell’esecuzione orchestrale: sonorità ben definite, timbri squillanti, grande precisione tecnica e controllo sulle interazioni tra le varie sezioni dell’ampia orchestra utilizzata.

I brani della suite che a nostro avviso sono stati più coinvolgenti sono stati Gnomus, Il vecchio castello, Bydlo, Limoges - il mercato, La capanna di Baba Yaga e La Grande porta di Kiev.

Gnomus, la rappresentazione di uno gnomo malvagio nella foresta: i forti contrasti ritmici, le pause e riprese improvvise, le dissonanze ad effetto, i toni cupi e oscuri sono stati resi in modo perfetto dall’orchestra. Molto bella anche la chiusa finale con le rapide scale ascendenti.

L’atmosfera solitaria e misteriosa del Vecchio castello con la melodia dominante del sassofono contralto che rappresenta il triste e mesto canto d’amore intonato da un trovatore. Questo brano presenta alternanze di forti e pianissimi, con crescendi contrastanti nell’orchestra. Tutti effetti e sfumatura rese perfettamente sotto la direzione del Maestro Tarmo Peltokosky.

Bydlo fa riferimento alla parola polacca che descrive il pesante carro tradizionale dei contadini trainato da buoi e caratterizzato da enormi ruote. Il brano, nella versione di Ravel, prevede un iniziale crescendo che culmina in un fortissimo orchestrale seguito poi da un diminuendo. Questo stratagemma serve a rappresentare il Bydlo che si avvicina all’osservatore, si mostra nella sua massima dimensione e poi si allontana pian piano. Il direttore ha reso perfettamente questo andamento ed il climax centrale è stato davvero impressionante.

Limoges - il mercato è un brano vivace e vaporoso, che descrive le atmosfere del famoso mercato dei fiori nella località sud-occidentale della Francia. Dopo una veloce introduzione dei corni che ricorda vagamente il Brahms delle Variazioni su un tema di Haydn, fiati e gli archi in contrapposizione descrivono la vivace e allegra atmosfera del mercato, con tanto di lite tra contadine. La rapidità di esecuzione e il bilanciamento dei volumi tra fiati e archi ha reso con molta efficacia il quadro orchestrale della partitura.

La capanna di Baba Yaga e La Grande porta di Kiev sono stati due momenti davvero unici. Nel primo brano, l’orchestra ha davvero espresso la potenza ritmica con cui il compositore descrive la strega della tradizione russa che vive in una capanna a forma di orologio a cucù sorretto da due zampe di gallina. I rintocchi del cucù sono resi dai colpi dei timpani che caratterizzano l'inizio del brano. Una parte centrale più lenta fa da contrasto con le parti iniziali e finali del brano. Una precipitosa scala ascendente porta poi al brano finale, dedicato alla rappresentazione del progetto per una grande porta a Kiev (un’idea di Hartmann da realizzare per la visita dello Zar Alessandro II a Kiev). Un brano caratterizzato da una maestosità fuori dal comune, quasi scintillante. La partitura è ricchissima di dettagli e costruisce un gran finale tra i più coinvolgenti della storia della musica. Il direttore è riuscito a creare questa atmosfera di maestosità, con un un crescendo continuo fino alle ultime battute. Abbiamo davvero assistito ad una rappresentazione memorabile.

Un concerto quindi molto interessante dal punto di vista del materiale musicale, molto ben eseguito e che ha regalato al pubblico in sala dei momenti memorabili. Il giovanissimo direttore Tarmo Peltokosky ha davvero dato prova di un grande talento e speriamo di poterne seguire le tracce nel tempo.

Un grande applauso a tutti gli esecutori e agli interpreti!