Recensioni - Cultura e musica

Nel mondo di una Divina: Alessandra Ferri è Eleonora Duse alla Fenice di Venezia nella fantasia coreografica di John Neumeier

Lunghi applausi da parte del pubblico. 

Ideato dallo statunitense John Neumeier, ballerino e coreografo, da anni di stanza e direttore del Corpo di ballo ad Amburgo, questo ritratto in musica e danza rende omaggio a due stelle italiane destinate a brillare in spazi e tempi diversi, ma con alcune affinità di quelle che in un recente passato sarebbero state definite elettive. Quello dedicato alla Divina Eleonora Duse, interpretato da Alessandra Ferri, fa parte di una serie di ritratti di donne-capolavoro creati da Neumeier e ha debuttato al Ballettzentrum di Amburgo nel 2015. Per il suo approdo italiano, questo progetto che si impone di raccontare senza parole una vita leggendaria ha scelto tono su tono La Fenice di Venezia danzato sulle note di Benjamin Briten e Arvo Pärt eseguite dall'Orchestra del Teatro diretta dal Maestro Luciano Di Martino. L'Hamburg Ballett si è subito unito al coro delle numerosissime istituzioni culturali di tutto il mondo che hanno compiuto azioni di solidarietà e sostegno in favore del Teatro veneziano gravemente danneggiato dall'acqua alta del 12 novembre 2019, e lo scorso 25 gennaio il prestigioso Centro coreutico ha aperto le sue porte al pubblico e a fronte di una donazione per la Fenice ha offerto agli appassionati la possibilità di assistere al backstage del baletto, in questa prima settimana di febbraio ospite dal vivo della città lagunare.

A Venezia, la Duse nel 1884 incontrò Gabriele D'Annunzio e l'anno dopo iniziò quella burrasca ardente che fu la loro relazione - D'Annunzio le dedicherà "La città morta" e "Il fuoco", che contiene il racconto del momento in cui la Duse giovanissima scoprì lo stato di grazia che appartiene alla sua arte. Sempre a Venezia, l'attrice vise un legame appassionante ma tormentato con Lina Poletti, durante il quale le due sodali frequentarono Max Reinhardt, il poeta Rainer Maria Rilke, amante di Lou Salomè, Hugo von Hoffmansthal, che invaghito di Eleonora scrisse per lei un'Elettra che l'attrice si rifiutò di recitare. Una vita costellata di forti passioni, di grandi incontri, e una carriera luminosa, al calor bianco, che ancora oggi fa usare l'appellativo di Divina quando ci si riferisce all'attrice che dal 1924 riposa ad Asolo.

Il balletto inizia con la proiezione sul grande schermo di un cinematografo, con tanto di spettatori applaudenti, di alcune scene di "Cenere", l'unico film girato dalla Duse, dove è possibile vederla recitare quasi sessantenne la parte di una madre sarda che giocoforza abbandona il figlio, nato da un rapporto non incensato, e lo ritrova prima di morire, lui ormai adulto e lei vecchia e minata dal dolore. Quello della perdita di un figlio fu un dramma vero che segnò molto la vita di Eleonora. La scena successiva sceglie di narrare lungamente oltre l'incontro con la Grande Guerra quello con un giovane soldato, Luciano Nicastro, è stato interpretato sul palco con eleganza e vigore prima da Alexandr Trusch e poi dal primo ballerino genovese Jacopo Bellussi. Quest'ultima relazione, che si dice evocasse quella madre-figlio, fu una vicinanza d'anime espressa nella realtà da un fitto carteggio.

La rappresentazione e le fantasie coreografiche di Neumeier sono proseguite con una scelta di momenti emblematici che hanno costellato la vita e la carriera della Duse. Si sono soffermate sulla sua interpretazione, giovanissima, di Giulietta a Verona, vera iniziazione al teatro che D'Annunzio coi suoi scritti ha reso immortale, dove compaiono in scena per la prima volta le celebri rose bianche e poi rosse che torneranno come elemento pregno di magia in tutto lo spettacolo. Subito oltre ha fatto il suo ingresso la rivalità vissuta a colpi di battute e di applausi con l'attrice francese Sarah Bernhardt (Silvia Azzoni). Sono poi apparsi l'amico Annunzio Cervi, Arrigo Boito e Gabriele D'Annunzio, quest'ultimo danzato con energia da Karen Azatyran; oltre a loro il compagno Flavio Andò (Christopher Evans) e la grande amica Isadora Duncan, interpretata da Anna Laudere.

Il susseguirsi dei quadri è fluido, si compongono e sgorgano scene di erotismo - accennato con levità - affetti e lutti, fotogrammi danzati che parlano di disincanto e di esaltazione. Manca il riflettore puntato sulle lotte sociali e culturali vissute dall'artista, sintetizzate dal balletto nelle azioni di impegno intraprese durante la Grande Guerra.

Le musiche accompagnano con effetto i momenti contemplativi, le ambientazioni più intimistiche. L'indagine di Neumeier si è soffermata anche al periodo di lontananza dal palcoscenico che si impose la Duse dal 1909 al 1921 (eccettuata la produzione di "Cenere") e poi alla ripresa di un'attività sentita come vitale negli ultimi anni, pur se malata e molto sola. Il mondo del teatro, delle compagnie, è stato raffigurato nel balletto come pieno di vivacità e di colore, in una danza allegra foriera di meraviglie: un Carnevale.

La morte dell'attrice, ben ritratta in una figura vestita di nero che va a collocarsi dietro al telo/schermo flagellato da vento e pioggia, e poi le immagini filmate reali del funerale della Duse, la bara ricoperta di rose, suggellano la prima parte dello spettacolo. Nella seconda, più breve e meno narrativa, del tutto poetica, i quattro uomini co-protagonisti della sua vita e carriera emergono dai ricordi in un'atmosfera resa essenziale, rarefatta e celeste. I ballerini sono vestiti di bianco e poi di nero. Senza ombra di rivalità o di altra pena terrena danzano insieme e con Eleonora in assetti coreografici che sembrano mimare in tante versioni lo sbocciare di un fiore. Non c'è più qualcuno che guarda, la presenza assidua di spettatori che applaudono, o fischiano e dimenticano. Nevica, e quando la neve è bloccata in un fermo-immagine, il cielo muta in un universo stellato, con la stella terrena Eleonora a guardarlo di spalle.

Alessandra Ferri ha fornito un'interpretazione intensa della Duse, mettendo a servizio il proprio corpo, professionalità ed esperienza e di sicuro anche trasporto e ammirazione nei confronti di questa grande figura di donna - indubbiamente traspaiono. La sua presenza in scena è priva di enfasi, quasi discreta in certi momenti e allo stesso tempo luminosa. Senza veli è anche la comune tensione appassionata alla perfezione che mette in luce lo spettacolo.

Lunghi applausi alla Fenice per la stella della danza, il corpo di ballo e l'orchestra, la confezione di questo interessante prodotto artistico.