Recensioni - Cultura e musica

Paolo Conte davvero “Snob”?

Un gaucho da Verde Milonga

Giovedì 14 maggio Paolo Conte ha calcato nuovamente le assi del Teatro Ponchielli di Cremona per regalarci una graditissima tappa del suo tour internazionale. Alla non più tenera età di 78 anni, il cantautore piemontese è apparso fisicamente e comprensibilmente un po’ affaticato, ma la voce calda, la precisione delle dita sui tasti e l’entourage di artisti che lo circondano riescono a far sì che la sua sia davvero una inimitabile esibizione. Molti dei brani eseguiti erano ben noti al pubblico che lo segue sempre con affetto e calore, mentre solo alcune canzoni erano invece tratte dal suo ultimo album “Snob”, una parola che dice più del necessario, ma non tutti posso permettersi di esserlo.

A distanza da quattro anni da “Nelson”, questo ultimo album di Paolo Conte ne è di fatto la continuazione, in una sorta di lungo romanzo musicale che segna da quarant’anni le tappe fondamentali nella storia della musica italiana e non solo. D’altra parte il suo stile, anche se ultimamente qualche volta tende a ripiegarsi su se stesso, è ancora inimitabile oscillando tra le melodie di Leonard Cohen, il jazz di Duke Ellington e il pop di Hoagy Carmichael.
Il lavoro è come sempre perfetto nel suono e i suoi musicisti sono famosi per la sincronia e l’affiatamento che dimostrano in ogni occasione. Le chitarre sono insuperabili nel ritmo che danno al gruppo e il giovane Pierluigi Rossi al violino è stato a dir poco superbo.
I testi dell’avvocato sono delle poesie in musica che riflettono uno stile erudito, ma di quel sapore popolare che arriva dritto al cuore. Le immagini che ascoltiamo hanno il gusto della vita, quella vera, che ondeggia tra passione e noia, tra tristezza e rabbia. La sua favola snob è un grido trattenuto di una voce cupa e roca, raccontata con le palmas che danno il tempo al cavallo del gaucho nella pampa argentina. E così torniamo tutti alle origini del battito umano, riconoscendo in ritmo binario tribale della milonga portata direttamente dall’Africa, mescolata poi con la rumba e la samba sudamericane in un fare e disfare in una sorta di evoluzione dell’eterno ritorno nietzschano.
Applauditissimo come sempre l’immancabile “Vieni via con me”. Paolo Conte ha saputo far riflettere su quello che è ancora un vero spettacolo della canzone italiana, dove l’unica protagonista indiscussa è la musica con la sua capacità di comunicazione universale, ma anche molto personale. Una figura talmente carismatica la sua che con la nobiltà d’animo che lo contraddistingue, non esita a definirsi snob, avendo, a ragione, tutte le doti, le caratteristiche e l’intelligenza per sapere di portesi concedere anche questo lusso.

Sonia Baccinelli  14 maggio 2015