Recensioni - Cultura e musica

Paquita alla Scala: una rinascita in grande stile del balletto romantico

La ricostruzione filologica di Pierre Lacotte è un trionfo di eleganza

Il Teatro alla Scala accoglie nel proprio repertorio, per la prima volta nella sua interezza, Paquita, balletto di scuola romantica riportato in vita da Pierre Lacotte. L’imponente allestimento milanese dona nuovo splendore ad un’opera che, pur essendo un capolavoro ottocentesco, era rimasta a lungo confinata ai soli estratti più celebri come il Pas de trois, il Pas de manteaux, la Polonaise&Mazurka dei bambini e il celeberrimo Grand Pas Classique.

Lacotte, con assoluto rigore filologico, ha restituito al pubblico l’essenza del balletto romantico, arricchendolo di equilibrio, purezza e grazia. Lontana da polverosi manierismi, la sua Paquita conserva vivacità e modernità pur restando fedele alle coreografie di Joseph Mazilier e Marius Petipa. Il risultato di questa sorta di restauro per anastilosi gustato fino in fondo anche dai palati più fini è un amorevole omaggio a Tersicore.

Dopo varie apparizioni parziali nel corso dei decenni — da quelle con Carla Fracci e Aida Accolla negli anni ’60, alle numerose produzioni con gli allievi dell’Accademia — questa nuova edizione segna un punto di svolta e l’inclusione in repertorio sancisce l’importanza storica e artistica di Paquita.

Come un grande stilista, Lacotte si avvale della professionalità di David Coleman per effettuare il taglia-incolla musicale affinché la ricostruzione della partitura sia al servizio della danza, fatto non nuovo se si pensa, per esempio, a come Tchaikovsky componesse su precise indicazioni dei passi date da Petipa. Tra le scelte di Lacotte poi particolarmente significativa risulta quella di aver tagliato le variazioni del Gran Pas Classique in quanto aggiunte da altri balletti (Don Chisciotte, Le Corsaire e La Sylphide) e aver mantenuto solo quella di Paquita.

Ambientata nella Spagna dell’occupazione napoleonica, la storia segue le vicende della giovane zingara Paquita, che salva la vita ad un ufficiale francese, Lucien d’Hervilly, per poi scoprire di essere di nobili origini. Il lieto fine arriva tra cospirazioni, pantomime vivaci ed un’esplosione finale di virtuosismo, quello che già Théophile Gautier ebbe a definire “uno spettacolo brillante nella sua bizzarria”, ma del quale il pubblico non può fare a meno.

Nella recita del 25 giugno 2025, Martina Arduino incanta nei panni della protagonista. Dotata di eleganza naturale, si distingue per le sue doti mimiche oltre che per la tecnica solidissima: giri con asse assolutamente verticale in ogni momento, leggerezza nei grandi salti e fiato sorprendente anche in considerazione delle alte temperature raggiunte nel pomeriggio.

Accanto a lei, Timofej Andrijashenko offre un Lucien maturo e raffinato, incarnando il perfetto danseur noble con una presenza scenica forte ed armoniosa. Atterraggi su due piedi da grande felino, manège brillanti, anche se talvolta si percepisce una certa titubanza nell’affrontare alcuni salti/giri, titubanza probabilmente e comprensibilmente legata ancora al ricordo della caduta in Bajadère che gli è costata una lunga interruzione.

A dir poco strabiliante Edward Cooper nel passo a tre del primo atto. Non c’è nulla che questo eccezionale ballerino non sia in grado di eseguire in maniera a dir poco divina: piccola e grande batteria, salti con elevazione e balloon stupefacenti, giri sbalorditivi e la lista può continuare ancora a lungo. Al suo fianco Camilla Cerulli ed Agnese di Clemente entrambe eleganti e leggere.

Deliziosi i piccoli allievi della Scuola di Ballo nella Polonaise&Mazurka, eseguita con sorprendente padronanza nonostante le notevoli difficoltà della coreografia che necessita di un attento orecchio musicale e numerosi cambi di peso/direzioni. Testine che girano perfettamente sincronizzate, braccia sempre alla stessa altezza e un bellissimo sorriso che testimonia la gioia della danza.

L’accurata ricostruzione di Lacotte è un tributo non solo al balletto come arte performativa, ma anche alla scuola mimica e al rigore tecnico dell’epoca. Il lavoro è arricchito dall’ottima direzione musicale di Paul Connelly. Le sfarzose scenografie ed i costumi eleganti di Luisa Spinatelli rendono l’allestimento davvero sontuoso: i fondali dipinti aprono finestre da fiaba sulla Spagna romantica filtrati attraverso la lente del romanticismo francese e gli abiti a tinte ora sgargianti ora pastello a seconda dei quadri esaltano le linee dei danzatori.

Questa nuova Paquita è molto più di una semplice riproposizione: è un ponte tra passato e presente, un esempio di come la tradizione possa ancora oggi esercitare fascino e attrarre il pubblico contemporaneo. Grazie alla dedizione del Corpo di Ballo della Scala, guidato da Frédéric Olivieri, e alla visione artistica di Pierre Lacotte, il balletto torna a vivere nella sua forma più autentica, rinnovando la gloria della danza classica.

I temerari che non si sono fatti intimorire dai trentasette gradi di Milano hanno potuto godere di uno spettacolo scintillante che ricorderanno certamente per lungo tempo.

Sonia Baccinelli

Milano, 25 giugno 2025