Recensioni - Cultura e musica

Parma: un Requiem tra musica e spiritualità

Daniele Gatti ha diretto un’edizione della Messa da Requiem di Verdi di grandissimo valore

Partitura dalla collocazione incerta, La Messa da Requiem di Giuseppe Verdi è stata fin dall’inizio oggetto di discussione riguardo al genere musicale cui appartiene, poiché è opinione pressoché unanime che non si possa definire una composizione liturgica in senso stretto, pur non potendone negare la componente sacra.
Che Verdi già dall’inizio nella sua idea di Requiem avesse rinunciato alla concezione liturgica emerge in maniera abbastanza netta nel dialogo tra il soprano ed il coro del Libera me che aveva scritto nel 1869, ultimo tassello di quella Messa a Rossini che avrebbe dovuto riunire i maggiori musicisti italiani dell’epoca e che, fallito il progetto, divenne la cellula primigenia del “suo” Requiem.
Composta quasi di getto tra il 1873 il 1874 in memoria di Alessandro Manzoni “la più pura, la più santa, la più alta delle glorie nostre” come ebbe a definirlo lo stesso Verdi, la Messa da Requiem è l’unica composizione di ampie dimensioni scritta in quel lungo periodo di silenzio che va dal debutto di Aida (1871) a quello di Otello (1887), durante il quale videro la luce solo alcune musiche da camera ed il rifacimento di Simon Boccanegra e Don Carlo. In essa confluirono alcune pagine di stampo chiaramente operistico quali la prima versione del coro che apriva il terzo atto di Aida, ripreso nel Te decet hymnus e la trenodia di Filippo II espunta dal Don Carlos che divenne il Lacrymosa. Tutti indizi che confermano che Verdi non pensasse ad una funzione liturgica di questa messa, anche se manifesta una sua religiosità, la religiosità di un anticlericale che però non riesce a rinunciare sino in fondo al suo dialogo con Dio.

 Daniele Gatti, alla testa dell’Orchestra Nazionale della Rai e del Coro del Teatro Regio ha regalato un’interpretazione superlativa di questo “messaggio spirituale” come lui stesso lo ha definito, in una serata memorabile al Teatro Regio nel corso del Festival Verdi 2021.
Il direttore milanese si è posto nei confronti della partitura con una visione molto personale basata su un approccio fortemente analitico che si è tradotto in una esaltazione delle singole timbriche finalizzata ad una straordinaria ricchezza espressiva.  È un Requiem lavorato a sbalzo, tridimensionale, quello concertato da Gatti, che mette in risalto le straordinarie sfumature della partitura grazie alla perfetta intesa con un’orchestra in forma strepitosa. È un momento magico, di profondo raccoglimento quello con cui si apre in pianissimo il Requiem Aeternam, cui, dopo lo slancio liberatorio del Kyrie, segue un Dies Irae dai toni drammatici ma di grande sobrietà. Straordinari dettagli sono poi gli attacchi dei clarinetti sul Rex tremendae o i pizzicati dei violoncelli nell’Huic ergo parce Deus che preludono ad un Dona eis Requiem che suona come una commossa orazione funebre, ma in realtà tutto il Lacrymosa è un vero e proprio capolavoro.

In questo meraviglioso affresco diretto -ça va sans dire- a memoria, un ruolo da protagonista spetta anche al Coro del Teatro Regio di Parma che, grazie al lavoro compiuto in questi anni da Martino Faggiani, si conferma interprete di riferimento di questo repertorio, ottenendo l’ennesimo trionfo personale. Di buon livello anche i quattro solisti le cui interpretazioni si fondono perfettamente nel disegno complessivo.
Elīna Garanča, dalla voce magnifica e dalla linea di canto impeccabile, tratteggia un Liber scriptus ieratico, austero che resta scolpito nella memoria. La voce luminosa di Antonio Poli svettante nel Kyrie delinea un Ingemisco articolato e sfumatissimo. John Relyea ha voce autorevole ma estremamente duttile come dimostra nello scandire con diversi accenti i tre “mors” che concludono il Tuba Mirum. Maria Agresta, più a suo agio nei momenti di raccoglimento, rispetto a quelli drammatici, è protagonista di un Libera me in cui angoscia e preghiera si fondono alla perfezione.

Un requiem intenso, meditato, ricco di spiritualità, destinato a lasciare un ricordo indelebile negli animi di chi vi ha assistito.