Recensioni - Cultura e musica

Piazza gremita per la seconda data di Loreena McKennit in Italia.

L'artista canadese in Italia dopo la turné dello scorso anno

Sono le 20, 45,mancano ancora 45 minuti all’inizio del concerto eppure non vi sono più molti posti a sedere vuoti. L’atmosfera è quella di gente di tutti i generi venuta per ascoltare una vera artista. Il piacere di ascoltare musica, direttamente da lei (arpa, pianoforte/pianola e fisarmonica)  e dai suoi nove collaboratori: Brian Hughes (chitarra acustica a 12 corde e chitarra elettrica, oud e bouzouki), Ben Grossman (ghironda, sorta di organetto a manovella dalla forma di violino senza manico e percussioni); Stratis Psaradellis (lira di Costantinopoli e Liuto Greco); Zoltan Lantos (violino); Caroline Lavelle (violoncello); Donald Quan (tastiere, viola e tabla); Simon Edwards (basso e marimbula, strumento di origine caraibica); Clive Deamer (batteria); Rick Lazar (percussioni).
Ce li presenta tutti, ad uno ad uno, a metà concerto circa, quando abbiamo già potuto apprezzare la bravura di ognuno di loro.

Loreena inizia il concerto deliziandoci da subito con la sua arpa e con Stolen Child. Si ferma solo dopo il terzo brano e ringrazia Loreena, si scusa per non saper parlare italiano. Si augura che il tempo conceda clemenza. Ci dice di essere felice di essere qui. Felice di rifare finalmente un tour che la porta nuovamente a viaggiare, ad incontrare gente, mondi e suoni da cui poi trae l’ispirazione per la sua musica. La grazia di questa artista risalta.
Ad un certo punto un tecnico le dice qualcosa e da quel momento non c’è quasi interruzione fra una canzone e l’altra. Giusto il tempo per lei di alzarsi dalla sedia per andare al pianoforte o per tornare a prendere la fisarmonica.
Il vento si alza e minaccia pioggia, Loreena sceglie di non fare intervallo. Solo i suoi musicisti hanno diritto a qualche minuto di pausa quando lei suona al pianoforte, accompagnata solo da Caroline Lavelle al violoncello.
Poi di nuovo tutti i musicisti a darci l’energia di brani come The Mystic’s Dream e altri.
In tutto un’ora e quaranta minuti di spettacolo ininterrotto, di musica perfetta e senza sbavature, di virtuosismi musicali da parte di ogni musicista e con la voce di Loreena, una voce dolce e potente nello stesso tempo.
Caravanserai, Penelope’s song, Bonny Portmore, The lady of Shalott, All souls of nights, Cymbeline, The bonny swans, The dark night of the soul, Marco Polo, She moved through the fair, sono solo una parte di tutti i brani con  i quali siamo stati coccolati, perché questo sembra essere il modo di dare musica da parte di questa artista canadese votata alla ricerca e alla mescolanza di stili dal celtico, al Greco, al magrebino o allo spagnolo.
Può non piacere lo stile di Loreena Mckennit, ma è indubbia la sua bravura e chiunque può deliziarsi di buona musica andando ad ascoltare uno dei suoi concerti.
Ci concede un bis, uno solo, ma siamo in tanti ad essere ormai sotto il palco, per sentirla più vicina, e renderci conto che era proprio lei con noi in questa serata così strana, ma così magica che ci ha portato in giro per il mondo con la sua musica.
Loreena McKennit è quel genere di artista a cui si vorrebbe stringere la mano e dire: “Grazie!”

Valeria Bisoni 13 luglio 2008