Quando in tempi di crisi economica per il settore culturale, quali quelli in cui purtroppo stiamo vivendo, si sente parlare di all...
Quando in tempi di crisi economica per il settore culturale, quali quelli in cui purtroppo stiamo vivendo, si sente parlare di allestimenti lirici all’insegna dell’essenzialità e del minimalismo il dubbio che sorge è che tali scelte non derivino soltanto da un innovativo approccio registico ma soprattutto da delicate questioni di budget dell’ente committente. In ogni caso questo nuovo allestimento della Bohème per l’Arena di Verona curato dal regista Arnaud Bernard , supportato da William Orlandi nelle scene ed i costumi, ha dimostrato che con una regia intelligente non sono indispensabili allestimenti faraonici e magniloquenti nemmeno in uno spazio così vasto quale è l’anfiteatro veronese.
Vero punto di forza di questa nuova produzione è stato sicuramente il secondo atto, normalmente risolto in un caotico viavai di comparse che tende a distrarre dalla musica e a far perdere completamente al pubblico l’azione che si svolge ai tavolini del caffè Momus; e su di un palcoscenico delle dimensioni dell’Arena una tale sindrome da “horror vacui” chissà quale caos avrebbe potuto partorire. Bernard invece ha preferito utilizzare un taglio quasi cinematografico: bloccando l’azione delle masse nel momento in cui la musica si concentra solo sui quattro protagonisti, e concentrando le luci solo su di loro, ha così ottenuto un effetto zoom che ha permesso di non perdere neanche una battuta di quanto accadeva. Discorso analogo per il valzer di Musetta durante il quale la cantante è stata posizionata in piedi al bancone del bar utilizzato a mo’di passerella ai piedi del quale tutti gli uomini erano soggiogati dal suo inno alla libertà ed alla sensualità.
La scena fissa astratta di colore bianco si è prestata in maniera funzionale anche agli altri tre quadri, grazie ad un sapiente uso delle luci create da Piero Mazzon che ha dato vita a momenti di profonda suggestione.
Di grande livello anche il cast vocale: dubito siano poche nel panorama attuale le coppie Mimì-Rodolfo in grado di superare gli eccellenti Marcelo Alvarez e Fiorenza Cedolinis. Ambedue hanno fornito una prova generosa e lavorando sulle sfumature sono riusciti a ricreare l’intimità di Bohème anche in uno spazio così vasto, complice un’orchestra il cui volume è stato sempre sapientemente gestito in modo tale da non coprire mai i cantanti. Ragguardevoli anche le prove di Marius Kwiecien (Marcello), Donata d’Annunzio Lombardi (Musetta) e Carlo Colombara (Colline).
Daniel Oren ha diretto con il solito professionismo ma anche con cura nella ricerca del colore e delle singole sfaccettature, ricerca a cui dei tempi un po’ meno spediti avrebbero qua e là a mio avviso giovato.
Davide Cornacchione 6 agosto 2005