Schönberg, Beethoven e Chopin nel programma del pianista milanese
Il programma si apriva con i Klavierstücke op. 11 e op. 19 di Arnold Schönberg. Probabilmente si è trattato di una coincidenza, però devo ammettere che ha fatto un certo effetto ascoltare a meno di 24 ore dal giorno della memoria dei brani del compositore ebreo-austriaco, costretto ad emigrare negli Stati Uniti a causa delle leggi razziali. È bello poter constatare che arte e cultura sopravvivono alle dittature ed alla barbarie.
Pollini, che di Schönberg è uno degli interpreti di riferimento, ha dato di questi brevi incisi una lettura che prende le distanze da qualunque abbandono romantico. L’approccio è razionale, controllato, il suono nitido e asciutto, e lo sguardo più che al lirismo di fine ottocento si rivolge alle inquietudini del novecento.
Una sorta di “sguardo in avanti” è anche alla base della sua interpretazione della sonata in do minore “Patetica” di Ludwig Van Beethoven. Pur trattandosi di un brano ancora giovanile e quindi da molti considerato come propaggine estrema del neoclassicismo, Pollini ne coglie le anticipazioni romantiche accentuandone i contrasti, soprattutto nei due movimenti estremi, staccando dei tempi decisamente più sostenuti rispetto a quelli cui una certa tradizione interpretativa ci ha abituati.
Come è nel suo stile il pianista milanese sceglie di immergersi letteralmente nella musica, evitando un approccio più distaccato, magari guardingo, che gli permetterebbe di gestire più agevolmente le asperità della partitura. Il risultato è quello di un’esecuzione forse non immacolata dal punto di vista tecnico ma trascinante e coinvolgente come poche.
La seconda parte era invece dedicata al suo compositore d’elezione, Fryderyck Chopin, che tornerà anche nei due bis offerti a fine concerto.
All’atmosfera notturna e meditativa dei due notturni op. 27, eseguiti con la leggerezza e allo stesso tempo la profondità di uno degli interpreti chopiniani di riferimento ha fatto seguito una magnifica esecuzione della sonata numero 3. Il perfetto controllo delle dinamiche accostato ad un virtuosismo brillante, ma mai fine a sé stesso e ad una grande cantabilità hanno esaltato ogni singola nota. Al termine del quarto movimento, eseguito con virile e trascinante esuberanza, un pubblico entusiasta ha tributato a Pollini vere e proprie ovazioni ricambiate da una magistrale Ballata numero1 e un magnetico preludio numero 24.
Davide Cornacchione 29/01/2017
Quasi come ideale prosecuzione del ciclo che nel 2016 ha visto avvicendarsi sul palcoscenico parmense il gotha del pianismo internazionale, la stagione 2017 del Teatro Regio si è inaugurata nel nome di Maurizio Pollini, tornato a Parma dopo oltre 20 anni di assenza, per un concerto che ha visto il teatro gremito in ogni ordine di posti.