Recensioni - Cultura e musica

Quasi cento e non li dimostra.

L’allestimento di Aida curato nel 1913 da Ettore Fagiuoli riconferma la sua attualità in Arena

Titolo irrinunciabile all’interno della stagione areniana è Aida, che anche quest’anno è stata presentata nello storico allestimento ricreato dai bozzetti di Ettore Fagiuoli, datato 1913 e quindi ormai prossimo al centenario.
Nonostante si tratti di uno spettacolo visto più e più volte (la sua prima ripresa risale all’inizio degli anni ’80) ci si ritrova ogni volta a constatare come l’idea scenografica studiata dall’architetto veronese si riveli ancora estremamente moderna, funzionale e di gran lunga più efficace di molte produzioni più recenti.

Il progetto luci realizzato in quest’occasione è riuscito a caratterizzare ancora meglio le singole ambientazioni, il cui mutare avviene solo grazie ad un intelligente uso di otto colonne mobili,  a riprova di come nel corso di questi 30 anni ci sia stato un innegabile affinamento dello spettacolo dal punto di vista visivo.
Stessa cosa purtroppo non si può dire della regia di Gianfranco de Bosio, che si limita a far entrare e uscire protagonisti e masse sceniche secondo uno stile che sembra ispirarsi più ai  kolossal in costume degli anni ’50 che al moderno teatro. I personaggi mancano di approfondimento psicologico ed anche la gestualità è ferma ad una tradizione ormai desueta. In sostanza una regia che non disturba ma che non porta nulla di particolarmente nuovo né stimolante.
Secondo tradizione anche l’aspetto musicale: Daniel Oren, alla testa dell’orchestra della Fondazione Arena, ha fornito la sua lettura ormai consolidata nel corso di anni di repliche. Sempre attento a colori e sfumature, il direttore israeliano è sembrato però in quest’occasione staccare in più punti tempi un po’ troppo sostenuti (verrebbe da dire quasi frettolosi), tanto che anche i cantanti hanno dato più volte l’impressione di trovarsi costretti ad accelerare repentinamente le loro frasi.
Nonostante questo abbiamo avuto modo di ammirare la buona prova dell’Aida di Lucrezia Garcia, subentrata all’ultimo minuto a sostituire Amarilli Nizza, che ha esibito un timbro solido ed una buona linea di canto.
Marcello Giordani ha tratteggiato un Radames eroico, dalla voce squillante anche se non sempre raffinatissimo nel fraseggio. Autorevole l’Amneris di Giovanna Casolla,  nonostante lo strumento vocale lasci inevitabilmente trasparire i segni del tempo. Efficaci l’Amonasro di Alberto Mastromarino ed il Ramfis di Giacomo Prestia; meno convincente il Re di Carlo Striuli.
Calorosa come sempre la risposta del pubblico, mentre a noi non resta che prepararci al 99° compleanno di questa Aida nella speranza che il prossimo allestimento, ovvero quello del centenario,  possa avere vita altrettanto lunga.

Davide Cornacchione 7 agosto 2011