Recensioni - Cultura e musica

Rachmaninov l’apollineo e Čaikovskij l’estroverso

Originali interpretazioni di due partiture classiche nel concerto dell’Orchestra Filarmonica della Scala. Protagonisti Myung-Whun Chung e Alexander Romanovsky

Dopo il trionfale concerto dell’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, la musica russa torna protagonista del Settembre dell’Accademia e, in occasione del concerto dell’Orchestra Filarmonica della Scala, diretta da Myung-Whun Chung ed accompagnata al pianoforte da Alexander Romanovsky. Il programma prevedeva il Terzo concerto per pianoforte e orchestra di Sergej Rachmaninov e la sesta sinfonia “Patetica“ di Pëtr Il’ic Čaikovskij.

Partitura da far tremare i polsi a qualunque esecutore, Il terzo concerto di Rachmaninov è conosciuto per la sua difficoltà esecutiva ed allo stesso tempo per la grande partecipazione emotiva richiesta al solista. Si tratta di una pagina ricca di pathos, che spesso viene interpretata in chiave monumentale, con sonorità intense e magmatiche e grande ricchezza di contrasti. Romanovsky opta per una lettura diametralmente opposta, che, se è consentito il paradosso, si potrebbe definire quasi neoclassica. Il suono è estremamente nitido, apollineo, il tocco è misurato, al punto che l’interpretazione potrebbe apparire distaccata, ma non per questo impersonale. Il suono appare infatti ricco ed espressivo, e la ricerca di colore e dettagliata e approfondita. Chung asseconda appieno questa lettura, alleggerendo l’orchestra e creando un dialogo dai toni misurati, ma estremamente proficuo, con il solista. L’orchestra segue e non prevarica, pur dando prova di una smagliante tavolozza cromatica e ricchezza di accenti. Una lettura inusuale ma convincente che il pubblico del Teatro Filarmonico ha mostrato di apprezzare tributando applausi calorosi.

Considerata da molti il testamento spirituale musicale di Čaikovskij, la Sesta sinfonia viene spesso interpretata in chiave struggente e malinconica; d’altronde lo stesso titolo “Patetica” lascia ampio spazio a questa chiave di lettura. Chung anche in questo caso sceglie un taglio differente, estroverso, più attento ad esaltare le caratteristiche della partitura che le sue eventuali implicazioni emotive e psicologiche. Il suono è luminoso, quasi spavaldo e l’orchestra fornisce prova di compattezza e versatilità, nonostante alcuni passaggi, soprattutto nei primi due movimenti, non siano perfettamente rifiniti. Un’esecuzione ricca di tensione che si chiude con una lunga pausa di almeno 20 secondi che Chung impone al pubblico a conclusione dell’introverso quarto movimento.
Come sempre calorosa la reazione del pubblico del Filarmonico che ha tributato ad orchestra e direttore applausi scroscianti.