Recensioni - Cultura e musica

Rigoletto “a teatro” a Busseto

Riuscito allestimento del capolavoro verdiano con i finalisti del concorso di voci verdiane.

Dopo la riuscita esperienza di Traviata dello scorso anno, il Festival Verdi ha proseguito nell’iniziativa di allestire a Busseto un’opera con i vincitori del concorso di voci verdiane, puntando su un altro classico, ovvero Rigoletto.
La novità dell’edizione 2015 consiste nel fatto che lo spettacolo non è più una ripresa ma un nuovo allestimento creato per l’occasione e firmato da Alessio Pizzech per la regia coadiuvato da Davide Amadei nelle scene e i costumi.
 

L’idea suggerita è quella del teatro nel teatro: la scenografia consiste in alcuni pannelli che rappresentano l’interno del teatro stesso ed i vari cambi scena sono coordinati da due figuranti vestiti da maschere che già il pubblico aveva incontrato nell’entrare in platea.
Si può certo dire che l’idea non sia nuovissima (tra i precedenti più recenti si può citare il Don Giovanni di Carsen alla Scala), tuttavia la coerenza e l’efficacia delle soluzioni proposte hanno contribuito alla totale riuscita di uno spettacolo di grande interesse.
Durante il preludio vengono proiettati a proscenio dapprima il titolo dell’opera, quindi una serie di fotografie di celebri Rigoletti del passato, quasi a voler introdurre uno spettacolo di tipo cinematografico.
Durante la festa a Palazzo Ducale i protagonisti sono vestiti in abiti d’epoca mentre il coro è in realtà il pubblico in smoking che, con tanto di programma di sala, occhieggia quello che accade in scena.
Gilda è una giovane cantante lirica che aspira al successo e la sua casa è in realtà il camerino del teatro, sul cui specchio ha appeso le foto delle grandi Gilde del ‘900: Sutherland e Scotto in primis.
La scena di seduzione da parte del conte in realtà rappresenta il suo debutto in scena e “Caro nome” diventa una esercitazione, con tanto di spartito, eseguita sotto l’occhio vigile di Giovanna.
Interessante anche il terzo atto in cui un sipario cala a metà del palcoscenico, quindi per il pubblico è come trovarsi sul palco a sipario chiuso al termine dello spettacolo in cui si è appena esibita Maddalena, cui fa visita il conte, offrendole lo stesso cesto di fiori che prima aveva portato a Gilda.
Segue l’amplesso tra i due e la tragedia finale a palcoscenico praticamente vuoto con solo due fari calati a metà a creare atmosfera.
Si potrà obbiettare che molte di queste soluzioni non collimano perfettamente con il libretto, tuttavia l’idea a mio avviso funziona bene ed è ricca di spunti.
Interessante anche l’aspetto musicale: Carlos Cardoso è un Duca di Mantova dal timbro chiaro e morbido. Buon fraseggiatore e dotato di un registro acuto che gestisce senza difficoltà. Al suo fianco Maria Bagalà supera le insidie di Gilda grazie ad una voce fresca, pulita e disinvolta nelle agilità, nonostante un piccolo taglio nella cadenza di Caro nome.
Dongyong Hoh è un Rigoletto dal timbro caldo e morbido ma il risultato complessivo è penalizzato da una pronuncia difficoltosa a volte ai limiti dell’incomprensibile. Discorso analogo per lo Sparafucile di  Myeongjun Shin.
Ben cantata ma poco incisiva la Maddalena di Da Mi Lee mentre Eliar Tahouri è un Monterone vocalmente inadeguato.
Appropriato l’apporto di  Marianna Mennitti  come Contessa di Ceprano e Paggio, Michele Patti quale Marullo, Nicolò Donini,  Ceprano , Manuel Amati, Borsa.
Incisivo come sempre il coro ottimamente preparato da Martino Faggiani.
Fabrizio Cassi alla testa della Filarmonica Arturo Toscanini ha saputo imprimere compattezza all’orchestra assecondando i cantanti e facilitandone il compito sul palcoscenico.
Al termine applausi calorosissimi da parte di un Teatro Verdi come sempre esaurito in ogni ordine di posti.

Davide Cornacchione 24/10/2015