Recensioni - Cultura e musica

Rigoletto in chiave neogotica al Filarmonico

Lo spettacolo a tinte fosche di Arnaud Bernard non convince nella sua rilettura della figura del duca di Mantova

A parziale conferma di quest’immagine, il preludio dell’opera è stato trasformato una pantomima in cui il duca, precursore di Lombroso, era intento a studiare il  fisico di Rigoletto, rivolgendo particolare attenzione alle misure della gobba.  Questo avrebbe forse dovuto indirizzarci verso un’immagine del duca interessato alle diverse sfaccettature della natura umana, e quindi per questo dedito a “collezionare” donne sempre diverse, ma la cosa è rimasta in sospeso visto che nel prosieguo dell’opera non vi sono stati altri riferimenti riconducibili a questa lettura.  A volersi arrampicare sugli specchi  anche l’inizio del secondo atto, in cui il duca si muoveva all’interno di una serie di modellini  rappresentanti  la città di Mantova in versione Minitalia avrebbe potuto ricollegarsi all’immagine del “duca collezionista”, ma siamo sempre nel campo delle ipotesi.
A parte questi episodi il resto dell’opera si è svolto secondo i più consolidati canoni della tradizione, non fosse altro che anche la riva del Mincio è stata spostata all’interno di questa amplia biblioteca nella quale, durante la scena del temporale, l’atmosfera era più da romanzo gotico che da Mantova rinascimentale.
Un tentativo di lettura originale quindi che non è andato oltre le intenzioni, anche a causa di un lavoro sui cantanti e sulle masse sceniche pressoché inesistente. Se i rapporti fra i protagonisti erano solo abbozzati, il coro si muoveva in maniera schematica ed impacciata, senza creare mai vere azioni.
Alberto Gazale, nonostante abbia esibito un timbro decisamente interessante ha incontrato non poche difficoltà nell’affrontare Rigoletto: la voce era affaticata e l’intonazione non è sempre stata impeccabile (ad esempio si può citare un “Veglia o donna” calante in più punti). Limiti ai quali ha cercato di sopperire con un’interpretazione veemente e dai toni fortemente drammatici che, nonostante alcuni eccessi, ha comunque  incontrato i favori del pubblico.
Decisamente più interessante e musicale la Gilda di Stefania Bonfadelli che, al contrario, ha esibito una buona linea di canto riuscendo a fornire un’interpretazione assolutamente convincente. La sua Gilda non è la bambolina cui una certa tradizione ci ha abituati ma presenta tutte le caratteristiche dell’eroina romantica che si sacrifica per amore. Unico neo un registro acuto spesso forzato che l’ha costretta ad alcune note tutt’altro che immacolate.
Al suo debutto veronese, il tenore spagnolo Ismael Jordi ha esibito una voce fresca e squillante grazie alla quale ha reso in maniera più che convincente il personaggio del duca di Mantova, nonostante un registro acuto un po’ fisso. 
Meno efficaci gli altri ruoli a partire dallo Sparafucile di Luiz-Ottavio Faria e dalla Maddalena di Asude Karayavuz.
Andrea Battistoni, alla testa dei complessi dell’Arena ha saputo imprimere all’orchestra un buon ritmo ed altrettanta tensione. Purtroppo se il direttore è interessante il concertatore ancora latita. I volumi erano spesso eccessivi ed è mancato un adeguato scavo della partitura, soprattutto nei passaggi più lirici.
Buona la risposta del pubblico che al termine ha salutato tutti gli interpreti con applausi convinti e calorosi.

Davide Cornacchione 22/11/2011


La stagione lirica 2011 del Teatro Filarmonico si è conclusa con un’edizione di Rigoletto firmata dal regista Arnaud Bernard, già autore dell’applaudita Bohème che da alcune stagioni riscuote successo in Arena.
Stavolta però lo spettacolo, non sempre chiaro nelle sue intenzioni, è stato fonte di parecchie perplessità.  Tutta l’azione è stata infatti ambientata all’interno di una scena fissa, realizzata da Alessandro Camera, rappresentante un teatro anatomico sovrastato da una altissima libreria, quasi che il duca di Mantova, notoriamente libertino e carattere pressoché bidimensionale, fosse in realtà un raffinato uomo di cultura.