Recensioni - Cultura e musica

Ritorna il repertorio con Un Ballo in Maschera al Grande di Brescia

Ritorna il repertorio al Teatro Grande con Un Ballo in Maschera di Giuseppe Verdi diretto da Tiziano Severini a capo dell’orchestr...

Ritorna il repertorio al Teatro Grande con Un Ballo in Maschera di Giuseppe Verdi diretto da Tiziano Severini a capo dell’orchestra i Pomeriggi Musicali di Milano e con un cast di nomi noti che si sono ben destreggiati nell’affrontare la partitura verdiana.

Ballo in maschera è un’opera complessa che risente ancora della struttura a numeri chiusi e dell’inserimento di molti pezzi di genere, ma che specialmente nel secondo atto anticipa quello che sarà il Verdi della maturità con un fluire amalgamato di arie, romanze e pezzi d’insieme. La messa in scena di Stefano Monti si basava su dei grandi cerchi decorativi posti in prospettiva e terminanti con un grande specchio circolare oppure, alla fine, con il volto impassibile della morte che incombe sul destino del Re di Svezia. La scena fissa ha permesso alcuni effetti suggestivi in particolare nel quadro della strega, ma in sostanza mostrava i suoi limiti soprattutto nel secondo atto dove l’orrido campo era simboleggiato da alcuni gruppetti di croci sparse che francamente avevano del ridicolo. Anche per quanto riguarda i movimenti e la disposizione del coro Monti è riuscito a dare il meglio di sé nella scena della maga ed in quella dei congiurati dove il coro si muoveva con una certa relazione all’azione. Nelle restanti scene il regista si limitava a fare entrare ed uscire le masse. Debole scenicamente la prova di tutti i cantanti se eccettuiamo Elisabetta Fiorillo, che seppur con alcune ingenuità, tratteggia una Ulrica credibile e in parte Carla di Censo, che se non altro prova a muoversi molto ma con risultati alterni. Per quanto riguarda tutti gli altri meraviglia francamente vedere come dei cantanti in carriera abbiano una sapienza scenica così limitata da incorrere in banalità e stereotipi che lo stesso Verdi già stigmatizzava nell’ottocento.

Migliori le cose dal punto di vista vocale. Su tutti spiccava l’intensa e brunita voce mezzosopranile di Elisabetta Fiorillo che ha tratteggiato una zingara di grande potenza e saldezza vocale. Ottimo anche Franco Vassallo, che, pur non dotato di un timbro splendido, si è imposto per stile e professionalità ricevendo gli applausi più convinti alla fine della sua aria nell’ultimo atto. Discreta anche l’Amelia della russa Nanà Karashvili, dotata di bella voce ma ancora poco omogenea nei vari registri. Carla di Censo pur indisposta interpretava in modo appropriato Oscar. Salavatore Licitra ha riempito il teatro Grande con la sua voce squillante e saldissima negli acuti, anche se il fraseggio risulta ancora approssimativo e poco curato. Licitra ha grandi doti vocali, ma certamente ci si aspetterebbe di più da un cantante così conteso da tutti i teatri e dalle case discografiche soprattutto dal punto di vista dello stile e della resa complessiva del personaggio.

Tiziano Severini ha ben diretto assecondando i cantanti nel migliore dei modi anche se questo lo portava a staccare tempi eccessivamente lenti. Alla fine il pubblico ha applaudito con calore.

R. Malesci
(28 Novembre 2002)