Recensioni - Cultura e musica

Ritorno della grande danza a Cremona con il Ballet de Biarritz in prima nazionale

Dieci minuti di applausi per L'uccello di Fuoco e la Sagra della Primavera

Quest'anno cade il cinquantenario della morte di Stravinskij e il balletto di Biarritz omaggia il grande compositore russo con due celeberrimi titoli: L’Uccello di Fuoco e La Sagra della Primavera.
Entrambi i titoli sono poco rappresentati e ancor meno con nuove coreografie dato che confrontarsi con i mostri sacri del balletto incute sempre un certo riverenziale timore. Ma il Ballet de Biarritz non ha nulla da temere in questo senso, dato che nelle sue fila ci sono ballerini di altissimo livello e coreografi in grado di mettere in risalto le doti tecnico-artistiche dei singoli e del gruppo con coreografie innovative e mai banali.

La serata ha preso avvio con la bellissima fiaba russa de L'uccello di fuoco. Il corpo di ballo tutto vestito di nero ha catturato immediatamente l'attenzione del pubblico anche meno esperto di danza. La coreografia pulita di Thierry Malandain, direttore artistico della compagnia, ha disegnato perfette righe, colonne, incroci e diagonali in sincrono, a canone e in ogni sfumatura musicale con il monocromo nero di costumi e fondale. L'uccello di fuoco, vestito in maniera ben diversa da come Bakst aveva abbigliato la Karsavina, è apparso in rosso fuoco in tutta la sua leggerezza quasi come l'Araba Fenice a ricordarci il potere della resilienza di questo animale, lo stesso che abbiamo avuto e dovremo avere noi in questo lungo periodo di pandemia.
I giochi delle braccia ed i percorsi disegnati dai danzatori tenendosi per mano sono stati sempre armoniosi e ben strutturati. Belli anche i costumi disegnati da Jeorge Gallardo: praticamente quasi lo stesso modello in varie tonalità partendo dal nero passando al giallo, al grigio/azzurro e infine al bianco in una sorta di percorso mistico dalle tenebre alla luce.

Splendida idea registica per l'incipit della Sagra con nientemeno che Igor Stravinsky che si materializza sul palcoscenico a fianco del suo pianoforte. Dopo qualche istante di silenzio avvolto nel cono di luce soffusa, il musicista si siede e inizia ad accarezzare i tasti facendo riscoprire le ormai dimenticate note iniziali della sagra eseguite da un solo strumento. Successivamente al suono della musica purtroppo registrata (come ormai è abitudine peraltro in quasi tutti i balletti), il coperchio del pianoforte si alza e come da una tomba fuoriesce prima una mano, una testa e poi un intero corpo umano e così via via fino a che tutti i danzatori arrivano a trovarsi sul palcoscenico.
Più di un momento dell’Adorazione della Terra è un capolavoro assoluto. La coreografia di Martin Harriague può rientrare a pieno titolo tra quelle che passeranno alla storia insieme a quella di Nijinski e di Bejart.
Il rituale del Sacrificio dell'Eletta è stato letto quasi tutto in chiave circolare con bellissimi passaggi sottolineati da bei giochi di luce di Francoise Menou e dello stesso Martin Harriague. Il rito barbaro-pagano è stato riportato per certi versi all'età della pietra e i momenti di grande concitazione si alternavano altri di estrema staticità o meglio fermo immagine, in una sorta di start and go che ricominciava con sempre maggior enfasi.

Pubblico attentissimo, silenzio di enorme ammirazione per tutta la durata dello spettacolo.
Grande applauso al termine della Sagra e per ben tre volte il sipario è stato chiuso e riaperto per poter continuare a ringraziare coreografi e ballerini per la magnifica serata di grande danza. Sarebbe stato impagabile avere anche la musica dal vivo almeno nella Sagra, ma di questi tempi è già tanto aver potuto godere di un balletto di così alto livello.