Esecuzione magistrale dei concerti per pianoforte e orchestra nn 20, 21 e 27, con la direzione del Maestro Rudolf Buchbinder in veste di solista e direttore. Orchestra e solisti dell’Accademia di Santa Cecilia.
In una sala gremita, la serata si è aperta con l’esecuzione del concerto n 27, K595, in si bemolle maggiore. Scritto a pochi mesi dalla morte di Mozart, è un concerto intimista, nel senso che non ci sono prove di una commessa da parte di un committente e neppure notizia di un progetto per eseguirlo in qualche accademia con sottoscrizione a pagamento (all’epoca i concerti si chiamavano “accademie”). Dunque Mozart scrisse il concerto per sé, senza una particolare occasione di esecuzione pubblica. Il primo tempo, un allegro moderato, è stato eseguito con la cadenza originale di Mozart e l’esecuzione ha rispettato appieno questo senso di intimismo e di dolcezza che pervade un po’ la partitura. In questo primo tempo, come nel secondo movimento infatti, non ci sono particolari effetti virtuosistici del piano, ma la scrittura è tranquilla, quasi malinconica. Anche la scelta della tonalità di si bemolle maggiore sembra indicare questa chiave interpretativa: esprime una gioia tranquilla, moderata, una bellezza che riflette una luce lontana, più che brillare essa stessa. La direzione musicale ha reso tutte le delicate sfumature, i passaggi contrappuntistici, le linee melodiche dei violoncelli che, quasi in una anticipazione del Romanticismo, cominciano a fare capolino nell’orchestra facendosi sentire in modo più deciso: non solo per il contrappunto e l’accompagnamento armonico, ma anche come controcanto ai violini stessi. Il Maestro ha reso al meglio questa atmosfera, intima sì, ma anche colta, con i richiami contrappuntistici alla musica barocca, il dialogo serrato con l’orchestra, la malinconica serenità dei fraseggi del piano, sempre in modo misurato e pacato. Bellissimo.
Il secondo tempo si apre con il tema principale esposto direttamente dal pianoforte solo: un tema che ancora una volta risuona carico di malinconica serenità. Qui il Maestro è riuscito a rendere perfettamente questa sensazione, giocando poi con l’orchestra nei vari passaggi successivi. Da notare il fatto che questo brano alterna fortissimi orchestrali e lunghe frasi solistiche del pianoforte. Un’alternanza perfettamente bilanciata grazie alla bravura degli interpreti e alle scelte di direzione orchestrale.
Il Terzo tempo è un allegro in forma di rondò: il pezzo più agile del concerto. Anche questo, eseguito con la doppia cadenza originale di Mozart, ha rispettato le intenzioni del compositore nella scelta dei ritmi e delle atmosfere, con un’interpretazione più decisa ed energica.
A seguire poi il concerto Nr 21, K 467 in do maggiore. E’ un concerto di grande impatto, sia per l’orchestrazione piena, quasi sinfonica, con archi, legni, fiati, timpani, ottoni, sia per la leggerezza dei temi, i passaggi “alla turca”, il bellissimo secondo tempo, i virtuosismi del piano ed il turbinoso rondò finale. Il primo tempo si apre con una lunga esposizione orchestrale caratterizzata da una scrittura sinfonica ampia, passaggi “alla turca”, temi ampi e leggeri, ma sempre bellissimi. Un concerto concepito per intrattenere quindi, per piacere al pubblico. La parte pianistica è sicuramente più complessa del concerto precedente ed il Maestro ha saputo valorizzarne questo aspetto, anche nel dialogo con l’orchestra, nei fraseggi solistici e nelle parti orchestrali più ampie, con uno stile brillante ed elegante.
Il secondo tempo è un brano celeberrimo, forse uno dei più famosi di tutta la produzione mozartiana. L’attacco iniziale con le terzine dei violini secondi e delle viole, il pizzicato del bassi e il tema scherzoso affidato ai violini primi in sordina apre un universo intero.Il seguente passaggio con il lungo pedale dei corni e le imitazioni tra archi e fiati è forse uno dei passaggi musicali più belli mai scritti. L’esecuzione è riuscita a rendere questo senso di leggerezza e di eleganza senza tempo, con il pianoforte che sembra dialogare più che alternarsi con il resto dell'orchestra. In effetti qui non ci sono praticamente momenti in cui il piano suona da solo: l’orchestra è sempre presente. Il tocco sulla tastiera è sempre stato misurato e leggero… quasi che la parte fosse suonata con una sola mano.
Il terzo tempo è un rondò con i fuochi d’artificio: le mani volano sulla tastiera in un turbine di scale, arpeggi, accordi rapidissimi. Un pezzo di bravura. Il Maestro ha avuto l’opportunità di mostrare l’agilità della sua esecuzione portando orchestra e spettatori ad un finale travolgente.
Dopo un breve intervallo è stato eseguito il clou della serata: il concerto nr 20 in re minore K 466. Il re minore è associato in Mozart alle atmosfere più cupe e tragiche e questo concerto, assieme al nr 24, è il solo ad avere una tonalità minore, sui 27 composti dal grande compositore salisburghese. E’ una concerto in cui si respira già un’aria romantica ma con la misura e gli equilibri tra le parti dell’orchestra tipici di Mozart. Beethoven fu un grande ammiratore di questo concerto e ne scrisse una famosa cadenza, da suonarsi alla fine del primo tempo. Oggi è una cadenza praticamente obbligatoria e raramente si sentono esecuzioni che fanno uso di quella originale di Mozart.
Il primo tempo si apre con una famosa sincope degli archi che viene accompagnata da una serie di nervosi passaggi ascendenti dei bassi. La lunga esposizione orchestrale porta ad un climax ascendente al termine del quale entra il pianoforte con una frase struggente, nervosa, quasi una serie frenetica di domande e risposte tra la mano destra e la sinistra. La direzione dell’orchestra ha saputo rendere molto efficacemente questa atmosfera cupa e nervosa. Molto belli non solo il dialoghi tra orchestra e pianoforte, ma anche i momenti in cui le due parti si fondono assieme, con il Maestro che ha saputo fondere perfettamente la parte pianistica con il resto dell’orchestra, ma anche valorizzare gli episodi solsitici. Anche la parte ritmica delle parti affidate all’orchestra è stata resa in modo perfetto.
Il secondo tempo, una romance, è stato reso celebre dal film di Milos Forman Amadeus (fu usato come sigla finale). E’ un piccolo miracolo di bellezza. Forse è stato eseguito un po’ più velocemente di quanto ci si sarebbe aspettato, il che ha compresso un po’ la dinamica del brano perché alcuni passaggi sono diventati troppo rapidi. E’ comunque stata una buona esecuzione.
Il terzo tempo è un robusto rondò che affianca momenti virtuosistici a momenti di grande melodia. Il tema iniziale enunciato dal pianoforte solo è una burrascosa sequenza di rapide scale ascendenti e ricorda un po’ l’incipit dell’ultimo tempo della sinfonia Nr 40. Il secondo tema invece è una frase molto diretta ed orecchiabile, quasi da fischiettare per la strada e viene enunciato dall’orchestra, per poi passare al pianoforte. In questo brano è più evidente il contrasto tra piano solo ed orchestra ed il Maestro ha reso in modo molto efficace questa dinamica, interpretando i fraseggi romantici in modo misurato e bilanciato. Un’altra caratteristica è la presenza di estese sezioni contrappuntistiche nelle quali solitamente il pianoforte partecipa assieme all’orchestra nella struttura della partitura. Anche questi episodi sono stati resi in modo perfetto dal Maestro e dall’orchestra tutta.
Un concerto davvero bello e memorabile, almeno per chi lo ha ascoltato. Gli applausi del pubblico ne hanno testimoniato l’apprezzamento. In particolare l’applauso alla fine del concerto nr 21 è stato particolarmente caloroso. Il Maestro è stato richiamato numerose volte sul palco.
Negli applausi alla fine del concerto anche l’orchestra stessa lo ha richiamato con grande entusiasmo e a suon di .. piedi, ingaggiando con il pubblico un vigoroso applauso sincrono…
E’ auspicabile che il Maestro organizzi altre serate come questa per continuare l’ascolto di questi meravigliosi concerti.
Bravi, bravissimi!