Recensioni - Cultura e musica

Roma: Una pregevolissima Arte della fuga all'Accademia di Santa Cecilia

Interessante esecuzione cameristica dell’ultima (incompiuta) fatica del grande compositore tedesco all’Auditorium Parco della Musica di Roma con l’Ensemble Arte della Fuga, per quartetto d’archi e fagotto. Il concerto ha avuto un buon successo di pubblico e si è tenuto nella bella sala Sinopoli dell’Auditorium.

L’Arte della Fuga, Die Kunst der Fuge, BWV 1080 è l’ultimo ciclo compositivo di Bach e la sua realizzazione, in base ai documenti storici, è ascrivibile agli anni 40 del 1700 con la composizione di un primo gruppo di contrappunti proseguita poi più assiduamente a partire dal 1747 fino a qualche mese dalla morte, avvenuta il 28 luglio 1750  e presumibilmente sarebbe dovuta constare di 24 contrappunti suddivisi in sei gruppi di quattro, dato dedotto anche in base alla struttura di altre precedenti composizioni bachiane. L'Ensemble Arte della Fuga ha utilizzato la classificazione dei brani secondo cui risultano 13 contrappunti, tre fughe e quattro canoni. Non è stata eseguita la Corale finale a quattro voci che pure fa parte della composizione, ma da molti è ritenuta di dubbia attribuzione. Un ri-arrangiamento di una precedente corale di Bach ispirata al tema della Morte ed aggiunta in fase di pubblicazione forse per attirare l’attenzione del pubblico con la notizia della morte del compositore. La composizione fu pubblicata postuma a cura di Carl Philipp Emanuel Bach nel 1751 e 1752, ma senza grande successo. Ne furono vendute solo poche copie. In seguito allo scoppio della Guerra dei sette anni nel 1756, Carl Philipp Emanuel fu addirittura costretto a vendere le sessanta piastre di rame utilizzate per la stampa dell’opera temendo di non poterle portare con sé in caso di una improvvisa richiesta di evacuazione dalla città a causa della guerra.
Nonostante queste vicissitudini, questa composizione è oggi considerata uno dei più importanti esempi dell’arte del contrappunto raggiunti dalla musica occidentale.

Tutta l’opera, costituita da fughe a tre o quattro voci con uno, due, tre o quattro soggetti e da canoni di varia natura, si basa su di un unico tema in re minore di dodici note ed esplora tutte la possibilità contrappuntistiche offerte dai suoi sviluppi in termini di variazioni sul tema, inversioni, aumentazioni e diminuzioni ritmiche, mutazioni ritmiche e combinazioni di una o più di queste tecniche, recuperando anche materiale da precedenti contrappunti. In accordo con le linee filosofiche del tempo, il contrappunto doveva essere fondato su principi logico-matematici, con applicazione di regole ben precise e rigidamente razionalizzate: un equilibrio molto sottile tra tecnica, matematica ed arte compositiva quindi, con aspetti esoterici legati alla numerologia. In particolare sono numerosi i riferimenti di questo tipo che molti musicologi nel corso degli anni hanno colto studiando le partiture originali, uno su tutti il tetraktis pitagorico 1+2+3+4=10 riscontrabile nella sequenza di organizzazione dei contrappunti (raggruppati per quattro, anche in funzione del numero dei soggetti per fuga) o anche nelle modalità di inserimento dei vari soggetti nelle fughe multiple.  La composizione era probabilmente dedicata alla Società Corrispondente di Scienze Musicali, una società segreta a cui erano iscritti personaggi di spicco dell’ambiente musicale, tra cui Telemann e Händel, fondata da Lorenz Mizler, amico di Bach, forse proprio su suggerimento dello stesso. Mizler nella prolusione alla fondazione della sua società musicale affermò che "la conoscenza matematica della musica deve essere assolutamente collegata a quella filosofica, cosa che ben pochi riescono ad ammettere finora. Ma non è affatto necessario dimostrarlo. Tutta la musica consiste di quantità pure e ha dunque bisogno di una grande rivalutazione”. I membri di questa segreta congregazione erano tenuti a produrre almeno una volta all’anno un saggio di musica basata sull’applicazione rigorosa della scienza matematica e della numerologia. La composizione doveva essere inserita in un pacchetto sigillato e destinata ad un solo altro membro, il quale lo avrebbe aperto, analizzato e giudicato. Dopo di che avrebbe distrutto il pacchetto stesso ed il suo contenuto. Bach aveva già prodotto alcuni saggi in precedenza: L’Offerta Musicale BWV 1079, il Canone enigmatico a sei voci BWV 1076, il Concerto Triplo BWV 1044.

A parte due riferimenti diretti al clavicembalo, Bach non ha dato altre indicazioni sulla strumentazione per l’esecuzione dei brani in partitura e neppure alcuna indicazione di tempo. Dagli studi compiuti sul materiale autografo si è dimostrato che organo e clavicembalo non sono idonei all’esecuzione per via del verificarsi di passaggi impossibili da eseguire. Quindi i vari brani si presentano come un enigma da risolvere, in qualche modo e la sua risoluzione dovrebbe indicare le informazioni mancanti. In quest’ottica, la scelta di utilizzare un quartetto d’archi e di un fagotto per rafforzare la linea dei bassi risulta perfettamente compatibile con le intenzioni originali del compositore nonché rispettosa dell’organizzazione originale della partitura.

L’Ensemble Arte della Fuga consta di cinque esecutori d’eccezione: Carlo Maria Parazzoli, dal 1999 primo violino dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma; Raffaele Mallozzi, violista all’Accademia di Santa Cecilia di Roma e membro fondatore del Sestetto Stradivari; Mauro Valli, violoncellista, fondatore dell’Accademia Bizantina e membro dei Barocchisti di Lugano; Francesco Bossone, primo fagotto solista dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma dal 1985 al 2022; Antonio Sciancalepore, primo contrabbasso dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia e fondatore del quartetto “The Bass Gang”.

L’esecuzione è stata molto interessante: l’aggiunta di un fagotto all’organico del classico quartetto d’archi aggiunge un timbro particolare che conferisce grande precisione e struttura alla tessitura sonora ed evidenzia in modo particolare le dinamiche dei bassi rendendo molto ritmato il contrappunto. In una composizione come l'Arte della Fuga quindi si rivela una scelta decisiva per arricchirne l’ascolto. Nel complesso si è trattato di una esecuzione molto precisa e rigorosa sul piano tecnico e i solisti sono riusciti a tenere alta la soglia d’attenzione, nonostante la lunghezza e la complessità del materiale presentato. Perfetta l’esecuzione dei primi contrappunti, con ritmo e volume molto bilanciati, senza particolari stravaganze esecutive, come repentini cambi di velocità o sottolineature timbriche di una voce sulle altre: ogni solista ha contribuito in modo appropriato al risultato finale. Molto coinvolgente l’esecuzione del Contrappunto 9, in passato reso famoso dagli Swingle Singers, che ne offrirono una versione per coro a cappella accompagnato da basso e batteria jazz. In alcuni brani forse si poteva optare per un ritmo più incalzante, in particolare nel bellissimo Contrappunto 8 a tre e nella fuga finale a quattro soggetti (incompleta). Nel caso particolare di quest’ultima fuga, l’interruzione ex abrupto del flusso musicale con l’esecuzione delle ultime 8 note scritte da Bach prima di interrompere la scrittura, dà un effetto di grande drammaticità agli ascoltatori e ha fatto venire la pelle d’oca a più di uno dei presenti. Anche l’esecuzione dei canoni avrebbe giovato di un ritmo un po’ più veloce, ma probabilmente si è preferito evidenziare qui le complesse relazioni canoniche tra le varie voci, il che sarebbe stato più difficile con ritmi sostenuti. 

Un concerto apprezzatissimo dal pubblico che, se ci fossero altre occasioni, sarebbe sicuramente interessante bissare per avere la possibilità di ascoltare questa bellissima composizione, in una pregevolissima esecuzione.