Recensioni - Cultura e musica

Romeo e Giulietta al museo

I Capuleti e Montecchi di Bellini in chiave pittorica al Teatro Filarmonico

Pur non raggiungendo i vertici dei capolavori della maturità, I Capuleti e Montecchi di Vincenzo Bellini è un’opera decisamente meritevole di attenzione, anche solo per il fatto di essere la miglior trasposizione lirica (non me ne voglia Gounod) della vicenda dei due amanti di Verona.
Più che giusto quindi che la Fondazione Arena abbia deciso di riproporla all’interno della stagione autunnale al Filarmonico dopo un’assenza durata alcuni decenni.

L’allestimento è stato affidato al regista Arnaud Bernard, coadiuvato da Alessandro Camera (scene) e Maria Carla Riccotti (costumi), il quale, intravvedendo una componente museale nel repertorio belcantistico, ha ambientato la vicenda in una pinacoteca all’interno della quale i quadri si animano dando vita alle vicende descritte nel libretto.
Una soluzione tanto semplice quanto efficace, che ha avuto alcuni momenti di grande suggestione, tra cui ad esempio il terzo atto ambientato in una galleria di ritratti o il finale in cui, a giusta conclusione, cala una cornice che racchiude tutti gli interpreti in posa cristallizzandone l’immagine per sempre.
Dal punto di vista delle critiche si può invece sottolineare come posture e gestualità dei protagonisti si rifacessero a schemi ottocenteschi ed anche i movimenti del coro fossero abbastanza sommari, per non parlare di alcune scelte estreme, prima fra tutti lo sputo di Capellio a Giulietta che chiude il secondo atto, tranquillamente evitabili.
Nel complesso comunque abbiamo assistito ad uno spettacolo godibile e visivamente accattivante che ha saputo accompagnare la musica senza stravolgerla con eccessive gratuità.
Apprezzabile si è rivelato anche l’aspetto musicale,  grazie soprattutto alla coppia di protagoniste, che hanno ottenuto un successo pieno ed indiscusso.  Michela Marcu ha delineato una Giulietta dalla voce fresca e ricca di colori. Il fraseggio è sempre attento e ricco di armonici e il registro acuto è perfettamente a fuoco. Al suo fianco il Romeo di Daniela Pini ha esibito un’ottima linea di canto, nonostante il timbro sia forse un po’ chiaro, risultando efficace sia nei passaggi eroici che in quelli più lirici.
Decisamente più problematico il settore maschile, all’interno del quale esce con onore solo il Lorenzo di Dario Russo, grazie ad una voce duttile e ben timbrata anche se non potentissima. Al contrario il difficile ruolo di Tebaldo non ha visto nella vocalità di Giacomo Patti un interprete perfettamente adeguato. Intendiamoci, il cosiddetto “tenorino” leggero è ormai merce rara, tuttavia la vocalità del cantante siciliano sembrava sempre al limite, soprattutto nel registro acuto.
Suoni gutturali e linea di canto tutt’altro che morbida hanno invece caratterizzato il Capellio di Paolo Battaglia.
Fabrizio Maria Carminati ha diretto in modo sostanzialmente corretto, senza però mai propendere verso una netta direzione interpretativa, che fosse romantica od eroica. Complice probabilemente un’orchestra della Fondazione Arena che è parsa un po’ appannata.
Adeguata la prova del coro.
Al termine applausi convinti da parte di un Teatro Filarmonico pieno solo in parte.

Davide Cornacchione 12 novembre 2013