Recensioni - Cultura e musica

Sabbioneta: Il raffinato pianismo di Marcos Madrigal al Teatro all'Antica

Il musicista cubano inaugura trionfalmente la prima edizione del Festival degli Olimpici

L’apertura di serata nel segno di un doveroso omaggio alla scomparsa del Presidente emerito Giorgio Napolitano, a cui si univa l’ultimo, commosso saluto a Sergio Anghinelli. Di quest’ultimo, il Sindaco, Marco Pasquali, ha ricordato la figura, insieme al fratello Angelo, di instancabile ricercatore, catalogatore e divulgatore di segreti e storie della nostra terra, tra pianura e fiume. Poi, dopo una breve nota introduttiva di Andrea Castello, il Festival degli Olimpici ha preso ufficialmente avvio. Una prima edizione che, come ha sottolineato lo stesso Direttore Artistico, di fronte al pubblico che riempiva la platea del Teatro all’Antica, è il numero zero di una feconda sinergia intenzionata a stabilire sempre più solidi nessi e relazioni progettuali tra due luoghi di arte e di bellezza. Vicenza e Sabbioneta, scrigni gemelli che conservano la comune impronta palladiana, l’uno nell’insuperata stupefazione dell’Olimpico, diretta creazione del sommo architetto, l’altro nel Teatro voluto da Vespasiano Gonzaga, firmato da Vincenzo Scamozzi, di Palladio allievo ed erede.

Lo scorso 22 settembre – incastonato nel cuore della fitta rassegna conclusasi nel pomeriggio DEL 24, con la rappresentazione in forma di concerto del mozartiano “Così fan tutte”, con protagonisti gli allievi della master class curata da Barbara Frittoli – a salire sul palco era il pianismo trascinante di Marcos Madrigal, impegnato in un impaginato erratico dal rivelativo titolo “Dialoghi”, teso a delineare un audace, in certo immediato, filo narrativo tra i due lati dell’Atlantico. Da Bach a Lecuona, da Chopin a Ginastera. Mondi attraversati con passo sicuro e tratto estroverso, a disegnare una morbida, seduttiva superficie al riparo dagli abissi che alcuni di essi custodiscono – l’inesorabile incedere di fede e di speranza del Corale bachiano “Non kommt der Heiden Heiland”, le brughiere del gemmeo Preludio in Mi minore che Siloti trascrive per pianoforte, la saturnina introversione dello chopiniano Notturno in do minore op.48 – nei quali il pianista cubano ha dato prova della sua cifra squisitamente colloquiale, cifra peraltro apparsaci ben chiara già in un primo ascolto, allora giovane promessa scalpitante, in occasione di un Concorso Busoni di una decina di anni fa.

Nella seconda parte della serata, l’itinerario ha visto l’approdo nell’isola natale, sulle orme, appunto di Ernesto Lecuona, massimo cantore, in una scrittura di scintillante vitalismo, dei profumi e delle commistioni di una terra toccata da ascendenze africane, europee e dai mille colori locali, ma anche di altre voci: quella strumentalmente ardita, irrorata di palpitante sinfonismo, di José Maria Vitier e – rivelazione graffiante, più dichiaratamente urbana, meno ancorata ad una trasudante quanto tradizionale cantabilità tutta latina – di Aldo Lopez Gavilan. Applausi scroscianti per il ritorno della Musica all’Olimpico, ricambiati dall’ultimo fuoco di due fuori programma, e una promessa, nelle parole del Direttore Artistico: “Arrivederci al prossimo Festival degli Olimpici”.