Recensioni - Cultura e musica

Si conclude il Festival della Valle d'Itria

Concerto dedicato alle donne a suggello della manifestazione 2024

Si è concluso il 6 agosto scorso, con un concerto dedicato alla “donna”, il Festival della Valle d’Itria 2024. “Madamina, il catalogo è questo” il suo titolo, mutuato dall’aria per basso/baritono cantata da Leporello, personaggio/servitore nel Don Giovanni di Mozart, su libretto di Lorenzo da Ponte. Di fatto, lo spettacolo ha inteso omaggiare il cinquantesimo anno di vita del Festival e le innumerevoli produzioni operistiche, anche rare, realizzate nei decorsi anni grazie al caparbio impegno e alla passione per l’opera da parte dei fondatori, Paolo Grassi e Franco Punzi, i quali, uniti da un duraturo sodalizio, intesero radicare in Valle d’Itria quello che, senza non poche difficoltà iniziali, è diventato uno dei più longevi e attraenti Festival musicali nel mondo. Molti i cantanti che nei trascorsi dieci lustri hanno calcato il palcoscenico allestito nel Palazzo ducale di Martina Franca e non poche le voci maturate all’annessa Accademia del Belcanto curata da Rodolfo Celletti, mago della vocalità lirica. L’Accademia prosegue la sua attività nonostante l’assenza del Maestro, scomparso vent’anni fa, rappresentando un bacino vocale di alto perfezionamento per lo stesso Festival. All’Accademia si sono formate artiste di grande calibro come Lella Cuberli, Daniela Dessì, Maria Dragoni, Mariana Nicolesco. Tuttora è frequentata dal mezzosoprano Saori Sugiyama e dal tenore Zachary McCulloch, artisti protagonisti della serata conclusiva unitamente al soprano Claudia Urru e al baritono Alexander IlvaKhin, già impegnati in alcune produzioni liriche del medesimo Festival.

Il “catalogo” della serata ha previsto il racconto di amori e situazioni sentimentali nella storia dell’opera attraverso le voci di Massimiliano Gallo e dell’attrice Noemi Gherrero. Il canto è un atto d’amore, simbolo di vita estetica che si tinge di rosa per il protagonista delle serie televisive “Imma Tataranni” e “I Bastardi di Pizzofalcone”, sicché, dopo l’Ouverture da Così fan tutte, suonata dall’Orchestra della Magna Grecia, come preludio al concerto, si è passati alla rappresentazione delle qualità e virtù delle donne protagoniste nelle opere più celebri. Dalla sensualità di Carmen, nell’opera omonima di Bizet, alla mitezza e modestia di Mimì, in Bohème di Puccini, dalla capricciosità di Adina (Elisir d’amore, Donizetti), alla nobiltà di Donna Elvira (Don Giovanni di Mozart), dalla timorosa e curiosità di Gilda, in Rigoletto (Verdi) all’imprevedibilità e scaltrezza di Rosina nel Barbiere di Siviglia, la figura femminile è stata oggetto di un virtuale viaggio nella storia dei seduttori e delle sedotte dell’opera lirica. Nel viaggio tra arie, duetti e quartetti, l’evento è stato occasione per il presentatore di descrivere il vero amore, quello “sano” che non aspira al possesso ma alla visione estatica della donna. Il suo pensiero sull’amore si è concluso con il monito per tutti di vedere e vivere la vita con amore, perché l’amore è un’idea, un modo di vivere!

Apprezzati con calorosi applausi gli interventi lirici, arie e duetti e quartetti in programma cantati dagli artisti. Precisa nel ritmo, senza alcun cedimento è stata Saori Sugiyama nell’intonazione dell’aria rossiniana “Dunque io son…tu non m’inganni”, come nell’interpretazione dell’Habanera “L’amour est un oiseau rebelle” da Carmen. Con voce ben impostata e buona prestanza scenica si è imposto Alexander IlvaKhin nell’aria “Madamina, il catalogo è questo”, nonché nel citato duetto rossiniano nei panni di Figaro. Brava Claudia Urru, sia nel duetto pucciniano “O soave fanciulla”, sia in quello donizettiano “Caro Elisir! sei mio!... Esulti pur la barbara”, con Zachary McCulloch, che ha esibito una voce da tenore interessante. Claudia Urru si era fatta notare per la sua bella vocalità nei panni della principessa Badr-al-Budur, nell’opera Aladino e la lampada magica di Nino Rota. L’ultimo intervento lirico, “Bella figlia dell’amore” dal Rigoletto di Verdi, ha messo in mostra un insieme interpretativo compatto e sicuro.

Elemento centrale dell’evento è stata la l’Orchestra tarantina ICO, diretta con bravura ed entusiasmo da Piero Romano. La compagine orchestrale, rivelatasi solida e coesa ha fatto vibrare le corde musicali dei presenti, suonando meglio rispetto all’Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari, deputata a far echeggiare le note della Nona Sinfonia di Beethoven lo scorso 3 agosto nell’ambito dello stesso Festival. Causa pioggia, la Sinfonia veniva eseguita in modo frammentario e parziale per i soli tre tempi, con poca attenzione da parte degli orchestrali, chiaramente distratti dalle gocce di pioggia e dal tardo orario.

Calorosi e lunghi gli applausi per il “catalogo” conclusivo del Festival!